Le pecore si adottano a distanza

Emilio Concas munge le sue cento pecore ancora a mano. Tutti i giorni, due volte al giorno. Lui si definisce «un pastore sardo con un’idea»: diventare un po’ imprenditore, sfruttando il suo bene più prezioso.
Crabittedda, Dilli, Feffigna, Lunetta, Matilda: sono alcune delle sue cento pecore. Chi vuole può «adottarle a distanza»: in cambio di 390 euro l’anno si ricevono otto forme di pecorino. Il formaggio è prodotto da Concas e dai familiari: lui, la moglie Franca e i quattro figli vivono tutti grazie all’allevamento a Gergei, vicino a Cagliari. «Il latte è deprezzato - racconta - per l’agnello ci pagano pochissimo e, così, ho tentato qualcos’altro». È anche un modo per far conoscere la Sardegna: «Qualcuno ci è venuto a trovare. C’era un bambino di Milano che non aveva mai visto una pecora». Concas, che ha 54 anni, si alza alle quattro del mattino, qualche volta anche prima: «Magari, tornando a casa, incontro una persona sospetta. E se è un ladro? Devo controllare. E poi ci sono i cani randagi, che attaccano le pecore». Un amico ha aiutato i Concas a creare il sito (sardiniafarm.com) e a gestire l’«adozione» sul web. Foto delle pecorelle, «certificato», un manufatto in lana e poi il formaggio (o un cesto di prodotti tipici). Concas si è ispirato a un altro esempio di successo.

I 150mila pastori d’Italia non sono tutti esperti di marketing, ma l’adozione a distanza funziona già da qualche anno in Abruzzo, dove l’agriturismo «La porta dei parchi», ad Anversa, permette di adottare una pecora a un costo che varia dai 50 ai 190 euro (in cambio, una serie di prodotti tipici). La più economica è la pecora della Val Borbera: 150 euro ogni due anni e, in cambio, una cassetta di prodotti piemontesi.

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