La prima scritta l’hanno lasciata sui muri della
chiesa di Santo Spirito, vergata con uno spray nero. «Giù le mani dai
bambini. Don Riccardo infame pedofilo» diceva. L’altra invece l’hanno
fatta accanto alla parrocchia: «Don Seppia vile, la tua chiesa il tuo
porcile». Sestri Ponente, lo scandalo del prete arrestato con l’accusa
di abusi sessuali su minori e cessione di stupefacenti scuote la
comunità. È una ferita aperta che brucia sulla pelle delle famiglie
che vivono qui da una vita e che hanno affidato i loro figli a quel
religioso. Lui, don Seppia, ora è in carcere e ci resterà ancora
così come ha deciso il gip per timore di reiterazione del reato e
inquinamento delle prove. Ma gli insulti per il parroco arrivano anche
dai suoi compagni di galera. Nei corridoi e nei saloni di Marassi
echeggiano le voci dei galeotti «infame», «bastardo», «vergogna ». Don
Seppia è rinchiuso in cella di isolamento per evitare anche che
qualcuno faccia valere su di lui quella «legge del carcere» che punisce i pedofili. I detenuti hanno incessantemente rivolto improperi e minacce al sacerdote che, a quanto si apprende dalla polizia penitenziaria, sarebbe molto tranquillo. E dopo aver fatto sapere la disponibilità del suo assistito ad essere interrogato nei prossimi giorni, una volta lette le carte, il legale di don Riccardo, Paolo Bonanni ha annunciato che prima di lunedì prossimo non depositerà né il ricorso al riesame né la richiesta di conferire con il pm Stefano Puppo, titolare dell’indagine a Genova.
Intanto dalle testimonianze dei minori, emergono nuove ed inquietanti particolari sul prete. Gli incontri avvenivano spesso in canonica, raccontano tre ragazzi ascoltati ieri dai carabinieri del Nas. È lì che don Seppia avrebbe palpeggiato un chierichetto di sedici anni e avrebbe consumato cocaina con altri due ragazzi. Una deposizione che aggrava ulteriormente la posizione del religioso e che si va ad aggiungere a quei messaggi e quelle telefonate definite «inequivocabili» dagli inquirenti finite per caso nei brogliacci di un’indagine su un giro di anabolizzanti nelle palestre di Milano. Don Seppia che al cellulare istruiva il suo pusher sulle caratteristiche che dovevano avere le sue vittime da adescare in punti diversi della città: «Li voglio giovani e con problemi di famiglia», rivelava nelle sue conversazioni ignaro di essere ascoltato.
E ieri i tre giovani avrebbero confermato le accuse mosse nei confronti del sacerdote. Gli inquirenti, secondo indiscrezioni, avrebbero raccolto nuove conferme sul rapporto morboso tra il prete, subito sospeso dalla curia, e il sacrestano indagato nella stessa inchiesta.
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