Pedrosa & C. I baby-Honda fanno paura

Il colosso nipponico piazza cinque moto nei primi sei posti. L’astro nascente spagnolo: «Volevo finire la corsa, ho rischiato di vincere»

da Jerez

Sembrava quasi una esagerazione, una provocazione quella di Valentino Rossi, quando venerdì aveva indicato Daniel Pedrosa come il suo principale rivale al titolo mondiale. Ma Vale difficilmente esaspera le parole. Pedrosa è un vero fenomeno e il secondo posto conquistato alle spalle di Capirossi ne è la migliore conferma. Ad avvalorare la prestazione del minuto spagnolo, 51 kg per 155 centimetri, ci sono le statistiche, che dicono che prima di ieri il miglior risultato di un debuttante in MotoGP era il quinto posto di Troy Bayliss con la Ducati (in 500 è invece indimenticabile la vittoria di Biaggi nel ’98 a Suzuka, ndr). «Il mio obiettivo era solo finire la gara - professa modestia Pedrosa -, per accumulare esperienza. Invece sono riuscito a salire sul podio e a lottare addirittura per la vittoria: ancora non ci credo».
Ha fatto davvero una gara incredibile Pedrosa, che alla fine del primo giro era settimo, ma dopo sette giri era già secondo. A quel punto, sembrava addirittura che potesse vincere, perché giro dopo giro, decimo dopo decimo, Daniel ha annullato tutto lo svantaggio da Capirossi, fino ad arrivare a insidiarlo. Loris, però, ne aveva di più, e Pedrosa molto saggiamente ha preferito accontentarsi. «Quando sono arrivato nel codino della Ducati, ero già piuttosto stanco e la moto ha cominciato a spingere molto sull'anteriore e a scivolare nel posteriore. Capirossi invece di rallentare ha ulteriormente forzato il ritmo e a quel punto, visto anche il vantaggio che avevo sul terzo, ho preferito rallentare e non commettere errori».
È la definitiva consacrazione di un pilota che sembrava destinato a soffrire a controllare gli oltre 240 cavalli della sua RC211V, ma che invece farà soffrire molti avversari. E il suo (quasi) trionfo è anche la rivincita della Honda, sbeffeggiata per tutto l'inverno per aver cacciato i senatori Max Biaggi e Alex Barros, per aver perso Sete Gibernau e per l'incapacità di trovare una soluzione vincente. Ma la classifica dice che dietro alla Ducati ci sono cinque Honda, con Nicky Hayden terzo con la RC211V. Anche Toni Elias, dopo aver abbattuto Rossi, è andato forte, tanto che dalla tredicesima posizione ha rimontato fino alla quarta, arrivando a giocarsi il podio con Hayden all'ultima curva. E che dire di Casey Stoner, capace di chiudere al sesto posto, nonostante fosse al debutto in MotoGP e guidasse con una spalla operata da poco, che gli ha fatto perdere ben nove giorni di test invernali. Così, oltre a Tamada, l'unico veramente in difficoltà con la Honda è stato Marco Melandri, che pure doveva essere il pilota di riferimento. «Come in prova - spiega il vice-iridato - ho utilizzato il telaio della scorsa stagione, senza però trovare la sicurezza che cercavo.

Il mio punto di forza del 2005 era l'ingresso in curva, proprio dove adesso sono più debole. Siamo fuori strada. Adesso chiederò ai giapponesi della Honda qual è secondo loro la soluzione migliore». Intanto, Pedrosa, Hayden ed Elias guidano con tutt'altra sicurezza.

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