C’è un record mondiale di nuoto, ma la notizia non dovrebbe più stare nelle pagine dello sport. Ormai è molto di più. È una storia particolarissima di singolare umanità, che al limite starebbe benissimo anche su una rivista scientifica, settore «vai a sapere cosa diavolo succede dentro il nostro cervello».
Il record è ancora di Federica Pellegrini, nostra signora delle piscine. Ma il clamore non sta tanto in questo evento tecnico: tutto sommato, fermandosi a 1’54’’47 nei 200 stile libero, la campionessa veneta migliora un record già suo, fissato ai Giochi di Pechino in 1’54’’82. Che fosse bravina, lo si era intuito. La vera curiosità, la vera notizia, è un’altra: ancora una volta, questa macchina perfetta e fragilissima chiamata Pellegrini esprime il meglio di sè subito dopo l’ennesimo black-out. Soltanto l’altro giorno, sempre ai campionati italiani primaverili di Riccione, la regina dello stile libero era caduta in preda ad una nuova crisi d’ansia: salita sul blocco di partenza dei 400, ne era subito discesa, incapace di buttarsi, come una qualunque signora Pina senza bracciali.
A poco tempo di distanza, nella stessa manifestazione, nella stessa piscina, quella stessa signora Pina paralizzata dalla paura si ripresenta per nuotare la distanza dimezzata, la sua distanza dorata di Pechino, e improvvisamente riprende a nuotare come si nuota in Paradiso. Ancora una volta, gli alti e bassi della vita. Proprio come ai Giochi, dove la mattina non era andata oltre il quinto posto nei 400, tanto da avviare immediati processi nazionali, salvo zittire subito tutti nel pomeriggio, stabilendo il record già nelle qualificazioni dei 200.
Allora: che succede alla Pellegrini? Che cosa passa per la testa di questo purosangue anfibio? Il suo allenatore, dopo l’ultima crisi d’ansia, si è limitato a un sano empirismo: «Se il problema sono i 400, non faremo più i 400». In effetti, a Pechino come a Riccione, non appena si presenta davanti alla lunga distanza il formidabile aliscafo s’inceppa. Riaffiora la signora Pina. Si può tranquillamente parlare di nuovo tabù. Di rifiuto dell’ostacolo. Sui 400, la Pellegrini è esattamente come tanti studenti emotivi, che tutti i giorni colano a picco nel modo più inglorioso: preparatissimi, si siedono davanti al professore e non ricordano più nemmeno i dati anagrafici.
Ma il sospetto, nel caso della Pellegrini, è che il problema non siano solo i 400. Da mesi, ormai, la Pellegrini ci sta abituando a un singolare mistero. Dopo l’oro di Pechino, abbiamo ciclicamente letto le preoccupanti notizie sugli improvvisi malori e sulle analisi che subito escludono guai seri. Abbiamo quindi letto di quest’asma legata allo sforzo, salvo poi assistere a sforzi grandiosi - senz’asma - e a nuovi record mondiali. Qual è, allora, il problema della Pellegrini? Sul serio basta evitarle l’incubo dei 400 per restituirle l’imbattibile armonia psico-fisica? Sia detto senza pretese psicanalitiche: ma non è già un problema doverle eliminare un ostacolo per tenerla in efficienza?
Qualcuno sostiene che il trauma di Pechino, quei 400 tanto attesi e tanto deludenti, abbia segnato pesantamente il meccanismo sofisticato e fragilissimo del talento. In acqua c’è persino una tradizione popolare: quando un tizio ha rischiato di annegare, il terrore dell’acqua non lo lascia più. Può darsi che il mistero-Pellegrini sia tutto qui: la pesante sconfitta di Pechino - sui 400 - mai rimossa. Mai metabolizzata, si dice adesso. Ha rischiato di annegarci, non riesce più ad affrontarli. E annega nell’ansia.
Certo, resta una storia ben strana. Come tante star degli sport cosiddetti minori, anche la Pellegrini vive le sue vittorie come impareggiabile strumento di riscatto, per affrancarsi dal ruolo oscuro di queste discipline. Ancora non è arrivata a Ballare con le stelle, ma il suo piercing al capezzolo e il suo servizio di nudità sul mensile patinato, più il fritto misto del gossip per il fidanzato scippato alla Manaudou, non se li è fatti mancare. Alla fine, il grande tuffo nel tritacarne del bel mondo qualcosa costa. Diventa difficile accettare l’umiliazione della sconfitta. In fondo, anche la Manaudou potrebbe dire qualcosa, sul tema.
Chi può saperlo: magari, tornando ad una tradizionale vita d’atleta, come usava una volta, certi effetti collaterali svaniscono. Ma è meglio non insistere: sono discorsi così vecchi. Se il problema sono i 400, non faremo più i 400.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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