Politica

«Pena di morte? Sì, se non fossi cristiano»

Casini lancia una provocazione. Rutelli: «Il governo non ha aggravato le pene per i delitti più gravi». Castelli: «Sciacallo»

da Roma

Il fair play della politica sulla tragedia del piccolo Tommaso è durato poche ore. Ad aprire il rubinetto delle polemiche, già nel primo pomeriggio, mentre ancora emergevano nuovi particolari sul delitto, è stato il leader della Margherita Francesco Rutelli, che ha accusato la maggioranza di non aver aggravato in questi anni di governo le pene per i «crimini efferati». Oltre l’ergastolo che è la pena per casi come quello del bambino rapito e ucciso, c’è solo la pena di morte, gli ha replicato il ministro della Giustizia.
I partiti della Casa delle libertà, ha protestato Rutelli, «hanno avuto una maggioranza larga e si sono ben guardati dal fare leggi a tutela dei più deboli. Hanno fatto una serie infinita di leggi a tutela di Berlusconi e dei suoi amici in materia di giustizia - ha continuato il leader dei Dl - ma quando il nostro deputato e responsabile della giustizia Fanfani ha presentato una proposta di legge per escludere il rito abbreviato per crimini efferati come quello di Parma, e quindi escludere ogni beneficio per i responsabili, il centrodestra non ha mosso un dito». Un ragionamento «da sciacallo», è stata la replica del guardasigilli Roberto Castelli. «La pena più severa - ha osservato il ministro - prevista dagli ordinamenti giudiziari mondiali rispetto all'ergastolo è la pena di morte. Se ne deduce che Rutelli ci rimprovera di non averla introdotta e che evidentemente lui ne auspica l'introduzione. Ne prendiamo atto, ma ci domandiamo se Prodi sia d’accordo o no su ciò». Durissima la riposta del coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi: «La polemica di Rutelli sulla morte del piccolo Tommaso è un’operazione politicamente vigliacca e moralmente indegna di un uomo politico, ed è il segno di un pauroso decadimento del nostro tessuto democratico».
Sulla stessa corda di Rutelli, tre esponenti dell’Unione (Mario Cavallaro della Margherita, Valerio Calzolaio dei Ds e Tommaso Sodano del Prc) che ne fanno una questione mediatica: «Auspichiamo che i telegiornali e le tv nelle prossime ore affrontino la questione sicurezza avendo attenzione a quanto è stato fatto, o meglio non fatto, sul tema dalla maggioranza in questi cinque anni». Il leader dell’Unione Romano Prodi non si è sbilanciato in polemiche limitandosi a partecipare al dolore della famiglia «con il contegno e il rispetto che impone la perdita di un bambino, quanto di più sacro e inviolabile esista».
Per il resto la politica si è divisa tra i (pochi) che anche ieri hanno parlato di ritorno della pena di morte e chi invita a non dare risposte emotive. Ai primi appartengono Alessandra Mussolini di Alternativa sociale e Luca Romagnoli della Fiamma tricolore. Contrario, sempre nell’ambito dell’estrema destra, Adriano Tilgher del Fronte sociale nazionale. L’Udc si appella ai valori religiosi: «Credo che, se oggi noi tutti non fossimo cristiani, veramente saremmo favorevoli alla pena di morte perché questa vicenda ha colpito fortemente le coscienze di tutti gli italiani», ha detto il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Mentre il leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini ha chiesto di modificare leggi «troppo generose» assicurando la certezza della pena anche nel caso di ergastolo.
Dopo i primi commenti a caldo di qualche leghista, lo stesso Castelli ha detto che per questi crimini «basta la morte sociale» che si ottiene cancellando «tutti i benefici nei confronti dei delitti contro la persona».

E il leader Umberto Bossi ha individuato una soluzione, se possibile, più radicale della pena capitale: «Dobbiamo ricostruire daccapo la società, i bambini sono il futuro del mondo e questa società invece ha tolto loro valore e così rischia di accadere di tutto».

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