Penati e il Pd indecisi anche sulla protesta: «Stiamo ancora valutando cosa faremo»

Prima era un no, senza condizioni e a prescindere dall’esito del Tar. Poi il volo verso Roma, la partecipazione alle contestazioni contro il decreto del governo e Filippo Penati inizia ad avere i primi ripensamenti sulla possibilità di presentare ricorso al Consiglio di Stato contro la riammissione della lista di Formigoni. «I miei legali stanno valutando. Il mio obiettivo non è aggiungere carta bollata a carta bollata, ma reagire contro un decreto che ha truccato le regole del gioco». Quando in serata arriva la notizia di un probabile ricorso del Pdl contro la sentenza del Tar del Lazio che esclude il listino del centrodestra, il candidato del Pd cambia idea di nuovo: «Se venisse confermata la volontà del Pdl di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio, è evidente che tale circostanza farebbe venire meno le ultime perplessità che mi rimangono per fare lo stesso in Lombardia». La risposta del governatore lombardo arriva poco dopo: «Bell’esempio di federalismo. Penati fa dipendere la sua decisione sul ricorso da una decisione presa da altri a Roma. Mi va bene tutto, basta che la smetta di sentirsi federalista». E pensare che per tutto il pomeriggio di ieri il candidato del Pd continuava a ripetere che era stata proprio la decisione del governo a smuoverlo dalle sue posizioni iniziali.
Perché non è vero, sostiene Penati, che il decreto non c’entra con la decisione del Tar: la motivazione della sospensiva ha la stessa fonte normativa del decreto. C’è una conseguenza diretta con la sentenza del tribunale. «La decisione del governo è una scelta di prepotenza e arroganza che cambia le regole del gioco a partita già aperta», insiste. E che non gli si dica che è lui a cambiare posizione. «Io sono coerente con le mie azioni e vorrei ricordare che io sono la vittima: al Tar sono stati presentanti tre ricorsi contro di me, uno dei quali da parte di Formigoni. Non ho mai pensato di vincere per l’abbandono dell’avversario». Secondo il Pd, in Lombardia non c’era bisogno del governo per risolvere il pasticcio del Pdl.

Con un atto amministrativo si facevano rientrare i Radicali e gli altri esclusi e si sarebbe sanata anche la situazione di Formigoni e del suo listino. E invece «Berlusconi, Bossi e Formigoni sono riusciti a fare il capolavoro di mettere a rischio l’esito delle elezioni».

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