Penati: "Il governo non ci ha ascoltati"

L’esponente del Pd, presidente della provincia di Milano: "Servono garanzie, dobbiamo difendere l’interesse nazionale. L’Italia diventi il secondo azionista di Air France""

Penati: "Il governo non ci ha ascoltati"

da Milano

Filippo Penati, da presidente della Provincia di Milano del Pd si lamenta che per Alitalia il governo non abbia consultato le istituzioni lombarde.
«È un fatto negativo perché, nonostante le lettere inviate da me, Moratti e Formigoni, che chiedono la convocazione del “Tavolo Milano” con i ministri su Malpensa, non abbiamo ricevuto risposta e ci siamo trovati con la decisione già presa».
Vuol dire che il Tavolo Milano, nato per affrontare le questioni del Nord, serve a poco?
«Ha funzionato per molte cose, ma va rilanciato perché è rimasto bloccato e c’è il rischio che se lo si lascia andare così muoia nel nulla. Eppure non è mai stato un luogo di ideologie o di conflittualità».
Dica la verità: si sente in difficoltà con gli elettori che vivono in Lombardia e votano a sinistra?
«Avverto che il governo ha sbagliato a non aprire un’interlocuzione con le istituzioni, che andava fatta per senso di responsabilità verso i cittadini del Nord».
La penalizzazione di Malpensa fa parte di una più ampia questione settentrionale?
«Siamo tutti dispiaciuti per il rischio di perdere Malpensa ma penso che adesso bisogna fare in modo che la vendita a AirFrance, scelta praticamente obbligata, non sia una svendita. Ho trovato interessante la proposta di Geronimo: che lo Stato italiano diventi il secondo azionista del gruppo Air France. Il governo dovrà puntare i piedi e chiedere garanzie su Malpensa: l’impegno a mantenere le rotte intercontinentali o a liberare gli slot. È un compito del governo perché la difesa dell’interesse nazionale passa per la difesa di Malpensa».
Il governo non è sembrato tenero con il Nord nemmeno in tema fiscale.
«L’annus horribilis è stato il 2007. Il risanamento ha penalizzato il ceto medio e il Nord, dove c’è maggiore concentrazione di reddito pro capite. Oggi vedo qualche segnale positivo ma ci vuole maggiore incisività. Mi aspetto una riduzione dell’Irpef già dal 2008, come promesso da Visco e Padoa-Schioppa. Se rimangono dichiarazioni vuote c’è l’aggravante di chi ha promesso e non mantenuto. Dobbiamo diminuire il carico fiscale sui salari, spingere sulla contrattazione decentrata e ridare potere d’acquisto, problema più grave dove la vita è più cara. Ci sono differenze anche del trenta per cento, mille euro non valgono lo stesso nell’area milanese o al Sud».
Molte polemiche riguardano la sicurezza. Vede disattenzioni?
«Ci sono state troppe divisioni su un tema così importante. Va bene l’espellibilità per gli atti di terrorismo, masi è data l’immagine di una grande incertezza. È uno di quei temi che divide l’Unione, ma sono i cittadini a scrivere le priorità e non le segreterie dei partiti.

Il governo ha il dovere di capirlo e di adeguarsi».
Insomma, serve un altro passo?
«Serve sicuramente un altro passo, più deciso. Non è sufficiente quel che è stato fatto, è necessario dare segnali maggiori».

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