Lo aveva detto e ridetto: «Non abbiamo fatto e non faremo alcun ricorso». Con grande enfasi, il candidato del Pd alla presidenza della Regione Lombardia Filippo Penati, aveva assicurato che non avrebbe impugnato lordinanza del Tar nel caso - peraltro molto probabile, decreto o non decreto - di un pronunciamento favorevole alla lista di Roberto Formigoni. «Mi sto difendendo dai ricorsi degli altri - aveva aggiunto -. Mi trovo nella singolare condizione di non aver fatto nessun ricorso e di dovermi difendere da due ricorsi. E poi sarei io il complottista?», aveva chiesto lex presidente della Provincia.
Insomma Penati contava di ottenere la «botte piena» della esclusione del suo avversario super-favorito, il governatore uscente, ma anche la «moglie ubriaca», ovvero limmagine di chi non si affida alle carte bollate e si rimette alle decisioni dei giudici.
Ma sembra che sia durata poco. È bastato che arrivasse la notizia che il Tar aveva accolto la sospensiva chiesta dalla lista «Per la Lombardia», quella di Formigoni, Pdl e Lega. I legali della lista di Penati, Ileana Alesso, Vittorio Angiolini e Marilisa DAmico, hanno subito annunciato che avrebbero valutato lopportunità di fare ricorso al Consiglio di Stato contro la riammissione del centrodestra. «Stiamo valutando un eventuale appello», ha spiegato Alesso, perché «questa ordinanza apre la strada allapplicazione del decreto legge salva-lista».
Le dichiarazioni del Pd hanno subito destato sorpresa, tanto che lo stesso Formigoni ha commentato: «Ho letto le dichiarazioni del presidente Filippo Penati, che ha detto che non avrebbe fatto nessun ricorso. Personalmente non penso che Penati abbia la lingua biforcuta».
Deluso dallordinanza del Tar anche Savino Pezzotta, candidato dellUdc: «Questa vicenda - ha commentato - ha comunque offerto ai lombardi uno spettacolo poco edificante. Restano sul campo le grida, le supponenze e la diffusione di sospetti».
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