da Milano
E dire che ogni volta son barricate. I governi di ogni colore a tentare timidi innalzamenti detà ma senza farsene accorgere, il sindacato che invece puntualmente se ne accorge e grida ai padroni sfruttatori. E adesso si scopre che tutte le liti sulle riforme delle pensioni sono state inutili. Perché loro, i pensionati che il lavoro lo hanno lasciato a 58 anni, adesso si sono pentiti.
La metà dice che era 62, letà giusta per il meritato riposo, al massimo 61, ma lo dicono solo le donne. A dirlo non è un sondaggio realizzato da Confindustria, ma il sesto rapporto Censis/Salute-la Repubblica che verrà illustrato domani e venerdì al centro congressi Roma Eventi. Saranno presenti anche i ministri della Solidarietà sociale, della Salute e della Famiglia Paolo Ferrero, Livia Turco e Rosy Bindi. E cè da credere che un occhio attento lo presterà anche il titolare del Lavoro Cesare Damiano, visto che il sondaggio arriva tempestivo a sconfessare chi, a partire dalla sinistra radicale, sulletà pensionabile vuole scendere sotto «quota 60», tanto che sugli aspetti più scomodi della riforma il governo non ha ancora chiarito la propria posizione, in un continuo rinvio del tavolo con le parti sociali.
E insomma, ma quale riforma Dini con lo scalone dai 58 anni e quale riforma Maroni col pur contestatissimo innalzamento ai 60 anni ed eventuale superbonus fino ai 62. Gli anziani italiani al 47,1 per cento dicono che sì, sarebbero rimasti volentieri sul posto di lavoro ancora per qualche anno, e senza tanti incentivi economici. E infatti fanno di tutto per non restare inattivi, perché, dice il 95,6 per cento, la depressione è sempre in agguato, ed è invece in una vita di relazioni sociali la chiave del benessere.
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