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Pensioni d’oro ai sindacati, assolto «il Giornale»

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Pensioni d’oro ai sindacati, assolto «il Giornale»

da Milano

Tutti assolti. Il direttore Maurizio Belpietro, gli editorialisti Paolo Guzzanti e Giordano Bruno Guerri, la cronista Emanuele Fontana. Nell’estate 2002 il Giornale mise in pagina i privilegi del sindacato e passò sotto la lente d’ingrandimento il sistema delle doppie pensioni, studiato ad hoc per la nomenklatura della Triplice; oggi arriva la sentenza: quella fu una corretta campagna di stampa e non di diffamazione. Tutti assolti e nessun risarcimento per i quattro dirigenti della Cisl che avevano denunciato il quotidiano.
«Le odierne parti civili - scrive nella sentenza il giudice di Desio, Silvia Pansini - non sono state, negli articoli pubblicati, destinatarie di specifiche offese perché manca alcun riferimento alle loro persone ed anche perché tutte le affermazioni contenute nei titoli e negli articoli in questione, e ritenute ingiuriose dai querelanti, sono fortemente ed aspramente critiche verso l’intero sistema sopra descritto».
Insomma, il Giornale ha fatto solo il suo dovere. In un editoriale, pubblicato il 29 agosto 2002, Belpietro aveva scandagliato le anomalie del regime pensionistico dei sindacalisti. Un sistema basato sui «contributi figurativi, vale a dire finti, vale a dire mai pagati», ma accreditati dall’Inps. Ma nel ’96, aggiungeva Belpietro, «i sindacalisti e il Governo dell’Ulivo scoprono che i boss della Cgil e degli altri confederali prenderanno sì la pensione, ma di fame». E allora ecco il secondo passaggio: «La possibilità di integrare i contributi». Alla Cgil di Sergio Cofferati sopportano e tacciono, alla Cisl non gradiscono; fra l’altro, dettaglio un tantino imbarazzante, il Giornale fa notare una curiosa coincidenza: la leggina così munifica è arrivata nello stesso anno in cui è stata varata la riforma delle pensioni che invece costringe milioni di lavoratori a stringere la cinghia. Il Giornale chiede insistentemente gli elenchi dei beneficiari, i vertici dell’Inps fanno muro, il quotidiano spiega che alla fine a finanziare quel privilegio non saranno i sindacati ma le casse della solita Inps. Partono le querele. Intanto il Giornale la spunta e pubblica i nominativi nel settembre 2002.
Oggi viene riconosciuta la correttezza del Giornale, difeso dall’avvocato Salvatore Lo Giudice: «Tutta la parte di veemente critica ad un sistema - ed in fondo ad un’intera categoria, quella dei sindacati - critica all’evidenza politica, essendo agganciata ad un dato vero appare estrinsecazione del diritto di critica comunque legittimamente esercitato».
Ecco la verità: Il Giornale non ha oltrepassato i limiti «posti al legittimo esercizio del diritto di critica. Infatti - prosegue il giudice - il fatto su cui si appunta la critica è vero (nel senso che è vero che la modifica legislativa ha apportato benefici alla situazione dei soggetti che ne possono usufruire)». Non solo: anche i termini utilizzati, certamente graffianti come «“banda di privilegiati”, “nomenklatura”, “tartufescamente” e simili non sono ingiuriosi per i singoli ma sono tutti riconducibili all’atteggiamento che si vuole criticare».

La campagna del Giornale aveva centrato il bersaglio.

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