Pensioni, pressing di Berlusconi ma Bossi non ne vuole sapere

Il premier e Tremonti cercano di convincere la Lega, ma da via Bellerio esce un "no" categorico. Il Cavaliere: sulla manovra abbiamo fretta. E boccia lo sciopero della Cgil: "E' da irresponsabili"

Pensioni, pressing di Berlusconi 
ma Bossi non ne vuole sapere

Roma - Spread, Cgil, Pm, Bossi. Ber­lusconi osserva un’altra giornata nera sotto molti punti di vista. Non ultimo un tentativo, pare andato a vuoto, di convincere il leader della Lega a cedere sulle pensioni. Am­basciatore: Giulio Tremonti, con il quale pare reggere la tregua. Pro­rio il ministro dell’Economia ieri ha partecipato a un summit con i vertici del Carroccio per sondarli sull’ipotesi, a manovra approvata, di riaprire il capitolo previdenza. Pare che lo stesso premier sia inter­venuto telefonicamente. Ma nien­te da fare. Il Senatur da quest’orec­chio non ci sente, neppure insisten­do che sarebbe «la»riforma struttu­rale che ci chiede il mondo intero. Malumore del premier. Per il re­sto: Piazza Affari sprofonda a -5 per cento e lo spread, ossia il diffe­renziale tra i Bund tedeschi e i Btp decennali italiani tocca un massi­mo di 368 punti. La speculazione fi­n­anziaria non molla anche se il Ca­valiere è convinto che sotto attac­co «non siamo soltanto noi ma tut­ta la zona euro. E le borse lo dimo­strano ». Tuttavia c’è il rischio che si brucino tutti i quattrini che fatico­samente si stanno raggranellando con la manovra. Una manovra che, per il premier, è già migliorata di molto e che adesso va approvata velocemente. Certo che a saldi in­variati il provvedimento possa da­­re i suoi frutti, anche perché già pro­mosso dalle cancellerie della Ue, il Cavaliere pigia sull’acceleratore. L’auspicio è che già nelle prossime 24 ore la manovra venga licenziata al Senato. E infatti già domani do­vrebbe arrivare il sì. «Dobbiamo fa­re in fretta », dice a chi lo sente. Non a caso il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri assicura che «ri­nunciando ad emendamenti in Au­la, siamo impegnati al varo del de­creto già nelle prossime ore. E il Pdl - ricorda Gasparri - ha auspicato fin dall’inizio del confronto parla­mentare la rapidità dei tempi evi­tando il ricorso alla fiducia ». Un ele­mento, questo, che va letto come una sorta di buona disposizione nei confronti del Quirinale che ha sempre chiesto il dibattito, seppur in tempi stretti. Se fiducia sarà, sa­rà alla Camera dei deputati, dopo che il provvedimento ha ricevuto il via libera di palazzo Madama. La fa­se è delicata ma parte dell’opposi­zione pare rispondere con senso di responsabilità. Meno bene la Cgil che ha indetto per oggi uno sciopero generale che il premier giudica «assolutamente ideologico». Non solo: «Sono degli irresponsabili: non è vero che con la manovra ci sarà libertà di licen­ziamento. C’è solo più flessibilità negli accordi tra imprese e sindaca­ti ». Ma il vedere la gente in piazza oggi, aizzata dalla Camusso, non sarà un bel vedere. Al Cavaliere, in­vece, fa piacere leggere il dispaccio d’agenzia che riporta la bocciatura della serrata da parte di Casini: «Considero lo sciopero di domani della Cgil del tutto sbagliato», è il pensiero del leader dell’Udc.Berlu­sconi annuisce ma resta deluso. In troppi sembrano non remare nella stessa direzione per il bene del Pae­se. Tant’è vero che il solito silente sottosegretario Gianni Letta que­sta volta fa sentire la propria voce: «Questo Paese attraversa un mo­mento difficile, e io credo che po­tremo uscire dalle difficoltà solo se ritroveremo uno spirito di unione, la capacità di dialogare per rag­giungere un obiettivo comune ». Ma Berlusconi è pensieroso. Sente che l’intervento della Bce, che fino ad ora ha acquistato i no­stri titoli di Stato per aiutarci, costi­tuisca una sorta di «morfina» per il malato Italia ma non sia la cura de­cisiva. Per fortuna, invece, sembra reggere la tregua con il ministro Tremonti, ieri inviato speciale nel­la tana del Carroccio. Altro elemen­to che unis­ce Berlusconi e Tremon­ti è la necessità di proseguire il pres­sing sulla Germania affinché rive­da il proprio «no» all’ipotesi euro­bond. L’altra grana,per il Cavaliere,ar­riva dai pm di Napoli che vogliono ascoltarlo sulla presunta estorsio­ne perpetrata ai suoi danni.

L’enne­sima operazione per screditarlo mediaticamente. «Ripeterò ai pm che non mi hanno estorto nulla» è la tesi del Cavaliere che oggi, trami­te i suoi avvocati, dovrebbe far co­noscere alla procura data e luogo dell’audizione.

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