Pensioni, sullo "scalone" i comunisti danno i sette giorni al governo

Diliberto (Pdci): "Accordo entro una settimana". Giordano (Prc): "Nessuno pensi di rinviare a settembre". Epifani congelato nella morsa dei duri della Cgil

Pensioni, sullo "scalone" i comunisti 
danno i sette giorni al governo

Roma - È stata vinta una battaglia, ma la guerra deve ancora terminare. La sinistra radicale (Prc, Pdci, Verdi e Sd) ha fatto quadrato e ha costretto il governo a riavviare la prossima settimana la trattativa con i sindacati sullo scalone. Alla fine, però, le parole del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che ribadito l’impegno dell’esecutivo «per continuare la concertazione» non possono non essere accolte con grande soddisfazione.
Il blitz. In meno di 24 ore si è passati da uno stralcio della riforma previdenziale a settembre a una prosecuzione del confronto a oltranza. Decisivi gli interventi dei due leader comunisti. «La decisione e l’accordo devono arrivare nei prossimi sette-dieci giorni - aveva ammonito ieri mattina il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto - e per questo è necessario che la trattativa tra il governo e il sindacato prosegua». Il rischio, secondo Diliberto, è rappresentato dal «ricatto di una scadenza troppo ravvicinata», quella del 31 dicembre, la data in cui entra in vigore l’innalzamento dell’età pensionabile. «Nessuno pensi che si possa rinviare a settembre la partita dell’abbattimento dello scalone», ha rilevato il segretario del Prc, Franco Giordano. «Al contrario - ha aggiunto - la questione va affrontata insieme alle altre misure e risolta secondo quanto stabilito dal programma dell’Unione».
Una finta rottura. Un osservatore inesperto potrebbe giudicare la fermezza di Giordano e Diliberto come un atto destabilizzante nei confronti di un governo che già sta spendendo il «tesoretto» per l’innalzamento delle pensioni minime. Non è così. «Anche nella maggioranza - spiega al Giornale il capogruppo del Pdci alla Camera, Pino Sgobio - ci sono esponenti che ci hanno definito “sinistra radicale e massimalista“ ma noi chiediamo solo che sia rispettato il programma e abbiamo votato anche provvedimenti che non ci piacevano». la ricetta, infatti, è già pronta. «Si supera lo scalone - afferma - lasciando l’età pensionabile a 57 anni con 35 di contributi e si interviene sugli incentivi per fermare l’esodo». Insomma, altro che rottura, i «sinistri» hanno obiettivi precisi e strategie per ottenerli. Altrimenti, non si spiegherebbe il voto favorevole del ministro rifondarolo Ferrero sul Dpef quando l’anno scorso si era astenuto. «È un voto di fiducia per spingere a una positiva soluzione», ha dichiarato. Il premier, che è il miglior amico dei comunisti, dunque resterà in sella. «Non è come nel ’98 - precisa Sgobio rammentando il vecchio sgarbo di Bertinotti - perché un’alternativa a Prodi non esiste e l’ultima cosa che vorremmo vedere è il ritorno di Fini e Berlusconi».
L’Opa sul sindacato. La sinistra radicale ha ampliato il suo margine di manovra nei confronti dell’esecutivo contestualmente alla discesa in campo di Veltroni. Prodi è meno forte in casa sua e la cosiddetta «Cosa rossa» può incassare la cambiale dell’appoggio politico. Nello stesso momento ha tolto le castagne dal fuoco alla Cgil e alla Uil che a settembre avrebbero dovuto trattare pendente la spada di Damocle della Finanziaria. Ieri mattina Epifani aveva potuto opporre solo un timido «speriamo che il governo faccia in fretta». I suoi desiderata sono stati tramutati in realtà. I numeri spiegano l’arcano. L’Inchiesta sul partito, pubblicata di recente dal Prc, ha messo in evidenza che il 41% dei quadri di Rifondazione è iscritta alla Cgil. La maggioranza degli iscritti al Pdci aderisce al sindacato di Epifani e anche Sinistra democratica di Salvi e Mussi (vicino al segretario confederale Cgil, Paolo Nerozzi) è molto attenta alle tematiche sindacali. Se la «Cosa rossa» riuscirà a formarsi avrà un rapporto simbiotico con il sindacato. L’obiettivo politico è chiaro: il Pd avrà più difficoltà a interloquire con la Cgil, ma anche la leadership di Epifani potrebbe in qualche modo esserne condizionata. Anche in questo caso i numeri vengono in soccorso: i pensionati rappresentano oltre la metà degli iscritti Cgil, mentre in Rifondazione solo il 17,5% dei tesserati ha meno di 29 anni. Il vecchio «Cipputi» è minoranza tanto nel sindacato quanto nel partito (gli operai sono solo il 12,7% della base Prc).

Forse perché sogna di mettersi in proprio e fare il piccolo imprenditore. Anche per questo motivo dopo il flop di Piazza del Popolo Gennaro Migliore disse: «Il rischio è che i nostri elettori votino per Berlusconi». Più si incalza Prodi, più questo spettro si allontana.

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