Marcello Di Dio
nostro inviato a Duisburg
Daniele De Rossi non tenterà nemmeno una difesa. È stato convinto a non farlo, davanti a un fatto così evidente e a una gomitata definita dal New York Times «la più perfida mai subita da un atleta americano ai mondiali dopo quella che il brasiliano Leonardo rifilò a Tab Ramos nel 94».
Non prima del 23 giugno, al termine della prima fase - il rosso diretto è già sinonimo di due turni di stop - potrebbe arrivare la stangata da parte della commissione disciplinare della Fifa, riunita a Berlino in seduta permanente: la previsione ottimistica è di tre giornate di squalifica, quella più pessimistica (e forse più realistica, in onore alla tolleranza zero) di cinque. La sentenza terrà conto del referto arbitrale di Larrionda, con la motivazione del rosso diretto; della prova tv che riproporrà la gravità del gesto; delle dichiarazioni che il calciatore farà in una lettera, nella quale racconterà lepisodio nudo e crudo senza cercare giustificazioni, rivendicando però linvolontarietà del gesto e sottolineando di aver chiesto scusa negli spogliatoi a McBride: «Ho perso la testa». La Figc non ripeterà loperazione-salvataggio di Totti per lo sputo a Poulsen a Euro 2004: esclusi interventi di legali ad hoc, costati 40mila euro. Stavolta si accetterà quanto deciso dalla disciplinare. «Perché di fronte a un fatto così evidente non si può pensare di chiedere sconti», dice il team manager azzurro Gigi Riva che parla di «giornata di riposo tremenda per il calciatore, pensate se avesse fatto un gesto così in una finale mondiale...».
Allinterno del Landhaus Milser, dove De Rossi ha trascorso gran parte della sua giornata (unico strappo, un pranzo con Pirlo e due amici del milanista), il pensiero ricorrente sarà stato quel gesto di follia. Non nuovo per il calciatore, che solo quattro mesi fa a Bruges in una partita di coppa Uefa con la Roma regalò unaltra perla: una gomitata in faccia a Klusowski che gli costò lespulsione e fece arrabbiare Luciano Spalletti, il tecnico che sembrava averlo riportato sulla retta via. «Per me Daniele resta un grandissimo uomo e calciatore. La vicinanza tra la voglia, la grinta e la determinazione che Daniele mette in campo fa sì che lepisodio trascenda in un fallo che molti evidenziano come volontario».
In poche parole, è la foga il vero neo di Daniele. Come recitano gli altri rossi della sua carriera (vedi quello di Leverkusen per unentrata dura su Schneider in Champions o a Cagliari per un brutto fallo su Suazo) o ancora i pesanti interventi su Martins in un Roma-Inter del 2004 (e non fu nemmeno ammonito) e su Ardito (che si ruppe i legamenti) in un Roma-Siena di coppa Italia dello stesso anno.
Eppure alla vigilia della seconda amichevole premondiale con lUcraina, De Rossi aveva ammesso: «Queste cose è meglio non farle mai. Al di là delle espulsioni, rischio la mia immagine». Rovinata in pochi secondi di follia. Mondiale in pratica concluso per lui che ieri è tornato sul fattaccio: «Ho passato una notte insonne. Non sono quello che avete visto sabato. Ho trascorso tutta questa stagione per allontanare limmagine di un giocatore scorretto. Non volevo fare niente di grave: ditemi qual è il giocatore che salta senza allargare le braccia».
Dopo aver chiesto scusa a caldo, ieri De Rossi ha fatto squillare il telefonino a vuoto, confidando i suoi pensieri quello fisso era la faccia sanguinante dellattaccante Usa solo ad alcuni compagni, ai dirigenti azzurri e a distanza a quelli della Roma (che gli hanno ribadito la solidarietà). Ma soprattutto alla moglie Tamara, che stavolta non lo ha seguito in Germania, e al padre Alberto, ex mediano di buon livello e lanno scorso tecnico campione dItalia con la Roma Primavera. Tra gli altri azzurri, anche chi laveva criticato dopo il gesto, ha cercato di stringersi intorno a lui. Non Lippi che ieri mattina rivelava di non aver ancora parlato con lui perché «deve bollire un po nel suo brodo, in questa pentola che è sul fuoco da sabato sera e non solo.
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