di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
Roma «Questa è la storia di una serie di fatti corruttivi che riguardano pubblici funzionari che operano presso la presidenza del Consiglio dei ministri». Sembra l’inizio di una - brutta - favola, ma è il prologo della richiesta d’arresto per Riccardo Fusi, Francesco De Vito Piscicelli e Guido Cerruti, firmata dai pm di Firenze e accolta solo per gli ultimi due dal gip. Che nella sua ordinanza, quasi 350 pagine, descrive il «patto corruttivo» stretto tra gli imprenditori Piscicelli e Fusi da un lato e dai superdirigenti Balducci e De Santis dall’altro. Ricostruendo in particolare la storia dell’appalto per la Scuola Marescialli di Firenze. Secondo i magistrati toscani la Btp e Fusi, persi tre appalti, si rivolsero a Piscicelli per sfruttarne i buoni rapporti con Balducci e De Santis, sia per riottenere l’appalto per la scuola Marescialli che per aggiudicarsi altre gare per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. I pm in questa storia ritengono che il coordinatore del Pdl Denis Verdini (indagato per corruzione) si sia adoperato per far nominare De Santis provveditore alle opere pubbliche della Toscana. Ma al di là della vicenda cui si riferisce l’ordinanza, di cui sotto leggete stralci significativi, il documento rimarca come l’indagine nel suo complesso abbia «palesato come la corruzione sia una costante tra i funzionari del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo e in particolare per la vita professionale di Balducci e De Santis». Che secondo le toghe fiorentine avrebbero «individuato una ristretta cerchia di imprenditori», da Anemone allo stesso Piscicelli, fino a Emiliano Cerasi, assegnando loro appalti «importantissimi» e «ricevendone in cambio autovetture, telefoni cellulari, lavori di ristrutturazione, mobili, soggiorni vacanze, piaceri vari, viaggi, lavoratori dipendenti a disposizione, posti di lavoro per parenti e amici, prestazioni professionali varie, anche sessuali». Insomma, «quello che emerge - per i pm - è un sistema di corruttela consolidato e collaudato, esteso ed efficiente, che coinvolge decine di persone, annidato al vertice dell’amministrazione statale, all’interno della struttura amministrativa della presidenza del Consiglio e, per ciò stesso, pericoloso». Le 350 pagine sono poi piene di «note dell’autore» del gip. Quando Claudio Iafolla, capo di gabinetto di Matteoli, a proposito della nomina di De Santis commenta con Balducci che alcuni «rompono i coglioni», il gip per esempio osserva: «Non si può non notare che per il capo gabinetto del ministro chi esercita i suoi diritti “rompe i coglioni”».
IL GLOSSARIO DELLE TANGENTI:
DA TASK FORCE A BULLDOZER
«Sistema gelatinoso» non è l’unica definizione del «Dipartimento» di Balducci che il gip trae dalle «molto istruttive» intercettazioni. Difatti la struttura della Ferratella di cui fanno parte lo stesso Balducci, De Santis, Della Giovampaola è più volte chiamata «cricca di banditi», «banda», «task force unita e compatta», «squadra collaudatissima», «combriccola», e i suoi componenti «bulldozer», «veri banditi», «gente che ruba tutto il rubabile», persone da «carcerare» che alla bisogna attingono alla «cassa comune» per le «piccole spese». Balducci è definito «egoista» perché «ha gestito in modo del tutto personalizzato l’enorme potere».
DE SANTIS, 007 DEGLI APPALTI
CON «LICENZA DI UCCIDERE»
Sempre il gip è convinto che De Santis sia stato «promosso» per servire al meglio l’organizzazione sugli appalti del G8. E una prova di più è una sua frase infelice, rivolta al fratello, che viene riportata in grassetto nell’ordinanza: «Abbiamo licenza di uccidere, ci possiamo pigliare tutto ciò che ci pare».
IL VERBALE DI VERDINI
«FAVORI? A UN AMICO»
A verbale, il 15 febbraio scorso, Verdini ammette che Fusi gli ha chiesto di intervenire sulla scuola marescialli, ma che lui l’ha fatto senza secondi fini. Spiega d’aver partecipato al famoso pranzo del 17-12-2008 con Balducci e De Santis: «Il pranzo... allora io sono stato invitato qui, sollecitato da diverse persone. Il tema dell’incontro era come risolvere il problema della scuola marescialli, ero stato invitato da Fusi per sostenere le sue ragioni e perché dovevo raccontare l’interessamento del ministro sulla questione del danno erariale (...). Sapevo che Balducci era un funzionario di punta, uno che sapeva come risolvere i problemi, che aveva capacità gestionali passate su mille questioni (...). Non conoscevo De Santis, che lì ho conosciuto e non l’ho più rivisto».
LA «RACCOMANDAZIONE»
AL MINISTRO DI AN
Sempre nel suo interrogatorio Verdini rimarca d’aver messo in contatto Fusi con Matteoli «anche se poi agli incontri parteciparono solo i capi struttura». Secondo Verdini Fusi gli sollecitava di perorare presso il ministero la sospensione dei lavori. «L’ho aiutato solo per motivi di amicizia non avendo con lo stesso alcun interesse economico in comune (...)». Quanto all’aver caldeggiato col ministro Matteoli, su richiesta di Fusi, la nomina di De Santis al Provveditorato, osserva: «Fu Fusi e non solo lui a parlarmene, perché diversi esponenti politici me l’hanno chiesto, fiorentini, romani, questo riguarda normalmente le nomine».
«DEI TRE COORDINATORI
IN SEDE CI STO SOLO IO»
Per far capire al Pm come funzionano le cose a proposito di gente che chiama e di segnalazioni che arrivano, Verdini sottolinea che lui ha «un ruolo centrale nella politica». All’epoca «ero coordinatore unico di Forza Italia, adesso sono uno dei tre del Pdl ma in realtà, me lo faccia dire qua, uno è ministro alla Difesa, l’altro ai Beni Culturali, io sto al partito dalla mattina alla sera e quindi, di fatto, pur avendo un triumvirato, io sto là. E quindi tutti mi cercano, tutti mi chiamano. Su De Santis, non posso negare, leggo... che Fusi mi ha chiesto di favorirne la nomina. Il tutto, però, dottore, ci tengo a sottolineare, ho alzato il telefono, ho chiamato Matteoli, ho detto se “c’è da fare una nomina, fra i vari candidati c’è questo De Santis”. Punto. Dopo qualche tempo ma chiamato il ministro e mi dice: “Quella cosa che mi hai chiesto te l’ho fatta”. Così, ho preso il telefono e ho chiamato Fusi: “Sarai contento adesso (...). E non mi scocciare più”. Io non ho fatto 50 tentativi, 50 colloqui o 13 telefonate per arrivare a Matteoli. Ho fatto una chiamato al ministro che stava facendo le nomine (...). Me la chiese Fusi ma non posso dire di aver parlato, ad esempio, col senatore Cingolani (...) o con altri parlamentari. Era tra i papabili». Verdini ha aggiunto di non sapere quali fossero i rapporti fra i principali indagati ed ha ammesso d’aver segnalato Fusi per qualche appalto in Abruzzo «solo perché in quel momento lavorava poco (...). La Bpt è in grosse difficoltà, ha un’esposizione bancaria per 900 milioni di euro».
GRAVI SEGNALAZIONI
MA DENIS «INCONSAPEVOLE»
Il Gip è lapidario: «Le dichiarazioni di Verdini che lealmente non negano l’evidenza (come al contrario ha fatto Balducci nel corso dell’interrogatorio) volendone dare una lettura benevola, fanno comunque riflettere sulla scarsa consapevolezza da parte di soggetti che ricoprono cariche pubbliche e comunque ruoli pubblici molto rilevanti circa la negatività della raccomandazione specie quando queste riguardano posti di potere e, come nel caso di specie non di natura politica ma tecnica».
IL RUOLO DI MATTEOLI
E LO SPONSOR FINI
«È bene sottolineare - chiosa il gip - che il ministro Altero Matteoli non ha nessun ruolo penalmente rilevante, ma entra in gioco per le competenze funzionali del suo ministero in ordine alla realizzazione della scuola marescialli della città di Firenze». In una telefonata del 19 gennaio fra Verdini e Fusi compare invece il nome di Gianfranco Fini a proposito della nomina di De Santis e di un presunto intervento su Matteoli. Verdini: «Ora io domattina tanto parlo con... un’altra volta con... con il nostro...». Fusi: «eh...». Verdini: «Però forse se tu ti facessi fare una nota tecnica nella quale si dice che è già successo che è possibile... perché questa cosa gliela aveva chiesta... Fini addirittura ad Altero... Altero però ha detto... “Io sai con Denis bisogna che ci faccia...” e... me l’ha chiesta anche lui...». Lui.
NON C’È LA BUSTARELLA?
LA CORRUZIONE È PROVATA
Per dimostrare la corruzione, a detta del gip, «non c’è bisogno della classica e tradizionale bustarella». L’«altra utilità» corruttiva è dimostrabile in altro modo: con «l’aiuto concreto in cambio di una nomina di prestigio». Che va in porto, come per De Santis, senza che questi ne abbia addirittura i titoli. Una promozione vale una corruzione.
MAZZETTA A PERCENTUALE
IL 2% E PASSA LA PAURA
A quanto ammontavano, in percentuale, i corrispettivi corruttivi? Il gip è certo: al 2 per cento. La riprova? Al termine del complesso giro di appalti concordati l’avvocato Cerruti si metteva d’accordo con Fusi per «la corresponsione di una somma di denaro pari al 2% sull’importo incassato qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico per la Btp, ovvero di una somma pari all'0,8% dell’appalto di 350 milioni di euro se i lavori fossero stati riaffidati all'impresa di Fusi».
NEL NOME DEL PADRE
E DEL FIGLIO NOMINATO
L’avvocato Cerruti è riuscito a piazzare il figlio di un amico in una camera arbitrale. Il padre era nella commissione tecnica per la scuola dei marescialli dei carabinieri: «Sono riuscito a farti nominare consulente tecnico della camera arbitrale (...) come avevo promesso a papà» sibila il legale al giovane Tommaso Albanesi, primogenito di Silvio, l’ingegnere membro della commissione della scuola.
PARCELLA IN BIANCO
«DECIDI TU IL PREZZO»
Come «attestato di stima e fiducia» la parcella è rigorosamente in bianco. Parola di avvocato, di Guido Cerruti, nei confronti di Fusi che in qualità di patron della Bpt gli chiedeva di regolare l’incarico per la scuola marescialli. «Metta quello che ritiene opportuno». Il compenso della Bpt per una consulenza a Cerruti - attacca il gip - «è elevatissimo».
SCIACALLO E CAMORRISTA
PISCICELLI DOUBLE FACE
Lui, Piscicelli, il passepartout per le amicizie giuste, s’era difeso giurando di non aver riso sui morti del terremoto de l’Aquila. Per il gip invece «con le macerie ancora calde Francesco Piscicelli era già pronto a buttarsi sul denaro per la ricostruzione del martoriato Abruzzo». Lo definisce «sciacallo» riportando la telefonata famosa col cognato.
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