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«Perché i capolavori non amano più le aste»

L'esperto: «Salgono le vendite private. Conflitti d'interessi e alte commissioni tra i motivi»

Il mercato dell'Arte sta rivelando un fenomeno che agli osservatori più attenti non è sfuggito: i più grandi capolavori passano di proprietà al di fuori delle case d'asta, attraverso vendite private. «La tendenza, già avvertita nell'ultimo decennio, si è sempre più irrobustita tanto che le transazioni più importanti, di opere sia antiche che moderne, sono state trattate in sede privata», afferma Giancarlo Graziani, coordinatore delle attività Cestart Centro Studi sull'Economia dell'Arte (www.cestart.it).

«Esempi? Nel moderno, Nafea Faa Ipoipo, di Paul Gauguin, è al vertice con 300 milioni di dollari, seguita da I Giocatori di carte, di Paul Cezanne, con 250 milioni di dollari e da N° 6, di Mark Rothko, 186 milioni di dollari. Donne di Algeri, di Pablo Picasso, è solo quarta ed è il miglior risultato spuntato in asta pubblica».

E nell'antico?

«Non cambia. Guida la graduatoria la Coppia di sposi, di Rembrandt, acquistata a 180 milioni di dollari, seguita da due dipinti di Leonardo da Vinci (la Madonna dei Fusi e il Salvator Mundi) che hanno cambiato proprietà per 150 e 127 milioni di dollari, e anche qui solo il quarto risultato viene da una vendita pubblica: quella del Suonatore di liuto, di Caravaggio, ceduto per 100 milioni di dollari. I collezionisti top e i musei più prestigiosi devono quindi rivolgersi a un mercato ancora più riservato e di nicchia per arricchire le loro raccolte. Le offerte pubbliche, seppur di livello, sono pur sempre un mass market».

A che acquirenti si riferisce?

«Dal Louvre ai Musei del Qatar, dalla famiglia Reale dello stesso Emirato, ai Rotschild».

E quali sono le ragioni?

«Presumibilmente vari problemi emersi in relazione all'attività delle maggiori case d'asta internazionali (conflitti di interessi, alte commissioni, accordi di cartello, azioni spesso speculative, scarsa attenzione al valore artistico dei beni). Hanno portato i più esigenti a non rivolgersi a questi interlocutori, rimasti riferimento per una fascia d'alta gamma, ma non top. È la logica conseguenza dello spirito commerciale di queste compagnie il cui primo fine è di generare utile per gli azionisti, e che quindi non possono scegliere i capolavori su cui impegnarsi con il metro della qualità, ma devono farlo con quello dell'utilità».

Questo andamento proseguirà?

«Aumenterà seguendo gli andamenti della ricchezza, e per i top lot si

formeranno due segmenti di mercato, uno riservato ai grandi miliardari e ai musei più ricchi, l'altro per collezionisti danarosi, ma meno raffinati, e musei con minori risorse. Questi ultimi resteranno clienti delle aste».

EBos

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