Perché il pop non parla più (anche) la lingua dell'estate

Tanti brani pubblicati ma nessun "inno" vacanziero. Enzo Mazza, ceo della Fimi: "Non c'è più stagionalità"

Perché il pop non parla più (anche) la lingua dell'estate
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La vera novità dei tormentoni è che non ci sono più tormentoni. Cioè ormai ci sono sempre, che è una contraddizione in termini. Anche questa estate, come nell'ultimo mezzo secolo abbondante, è partita la caccia al brano dei brani, al pezzo che si lega alla stagione, ai suoi ricordi, ai suoi amori, alle sue delusioni, che poi tra decenni servirà come passepartout della memoria. Qualcosa come Abbronzatissima o Vamos a la playa giusto per intenderci, ma gli esempi sono decine e decine.

Ha iniziato Fedez con Clara (Scelte stupide) poi i The Kolors con Pronto come va, il brano con più citazioni di tutti (da Raffaella Carrà a Mara Venier), e a seguire la sempre strepitosa Annalisa di Maschio, Ghali con Chill, Elodie e Sfera Ebbasta con Yakuza, Alfa con Manu Chao in A me mi piace (al momento il vincitore), Jovanotti prima con Occhi a cuore e poi con Oceanica insieme con Merk & Kremont, Marco Mengoni con Sayf e Rkomi in Sto bene al mare, Anna di Désolée eccetera eccetera. Una colossale passerella di brani che riempiono playlist e programmi tv ma non spiccano, sono tutti belli ma, divertenti ma, sorprendenti ma.

Ma non fanno estate.

"Non c'è più stagionalità" riassume acutamente Enzo Mazza, Ceo della Fimi Federazione Industria Musicale Italiana. E in effetti la situazione è proprio questa, come confermato anche dall'ultimo Festival di Sanremo che a febbraio ha lanciato Cuoricini dei Coma_Cose, ora fisiologicamente fermo in classifica ma senza dubbio tormentone estivo perfetto.

Una volta.

Adesso, conferma Mazza, il mercato si è assestato su di un altro equilibrio, è cambiato. "La vitalità dei social, TikTok e lo streaming alimentano una continua fruizione di hit che magari si consumano velocemente ma che generano un costante flusso di ascolti. Il mercato macina 2 miliardi di stream alla settimana in maniera costante da inizio 2025, ossia il 7 per cento in più del 2024.

Insomma, diranno i nostalgici, bei tempi quando sentivi Stessa spiaggia stesso mare (per la cronaca cantata nel 1963 da Mina ma pure da Piero Focaccia in un curioso doppio tormentone disgiunto) e idealmente facevi la valigia per le vacanze. Non è più così anche perché è cambiato tutto e, per individuare il re dei tormentoni, si è passati dal binomio juke box - radio all'insieme di passaggi in radio, allo stream, ai social, alla tv. Un altro mondo, letteralmente.

Qualcuno (si trova su liberalamusica.com) ha combinato i risultati di Fimi (che considera vendite digitali, streaming e visualizzazioni video), Earone (i passaggi radiofonici) e le certificazioni di vendita per realizzare che alla settimana numero 28 del 2025 i brani più ascoltati in assoluto sarebbero Balorda nostalgia di Olly, A me mi piace di Alfa con Manu Chao, Amor di Achille Lauro, Bottiglie vuote dei Pinguini Tattici Nucleari con Max Pezzali e Neon di Sfera Ebbasta con Shiva. Non c'è quindi un carattere tipicamente estivo a dominare, sono brani che funzionerebbero e funzionano tutto l'anno (Olly ci ha vinto pure Sanremo quasi sei mesi fa). Tramontana la ventata del reggaeton e dei ritmi latini che, da Roma Bangkok di Baby K e Giusy Ferreri in avanti, ha colorato un decennio, oggi lo scenario è completamente diverso e la ritualità estiva del pop si è sostanzialmente annientata in un imprevedibile "liberi tutti" che potrebbe diventare fertile e creativo anche se al momento sembra tutt'altro.

In fondo, diciamola tutta, nell'estate 2025 non c'è un brano che spicchi e così la scena musicale risulta, anche in questo caso, frammentata, dispersa nei tanti rivoli di ogni "modalità di fruizione". Dallo streaming a TikTok alle radio, ogni canale ha magari il proprio principe ma, almeno simbolicamente, non c'è il re assoluto. Di certo molto dipende, appunto, dalla dispersione delle fonti. Se prima erano praticamente solo le radio a scegliere il tormentone, la concordanza della scelta era praticamente inevitabile. Adesso la pluralità diversifica anche le preferenze. Ci sta. Senza dubbio sono cambiati anche i testi e l'utilizzo della lingua. I richiami all'estate sono sempre meno (fatta eccezione ad esempio per Sto bene al mare di Mengoni e pochi altri brani), gli amori sono finiti o turbati o tossici, ci sono riferimenti profondi agli equilibri sessuali (persino con riferimenti a Gesù e Maria come in Maschio di Annalisa) o alla condizione sociale ("Non arrivavo a fine mese, penso che tutto sommato dai, mi sono integrato bene" di Ghali).

In poche parole, il pop fotografa la realtà

pure d'estate, ed è obiettivamente un passo avanti anche se magari, almeno in vacanza, sarebbe bello canticchiare semplicemente "siamo i watussi, gli altissimi negri...". Ah no, non si può più, è politicamente scorretto.

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