Il tormentone giustizia continua a monopolizzare lattività politica. Tra riforma, legge processi brevi e legge blocca processi ormai non si capisce più nulla. Si procede per decreto, no per disegno di legge; si fa oggi, no domani. Ordini e contrordini. Eppure quello che sta accadendo è estremamente semplice. Il caos deriva dal fatto che né la maggioranza né lopposizione possono parlare chiaramente e liberamente. La politica, come ovvio, ha le sue regole non scritte e i suoi riti bizantini. Le cose stanno così: da una parte cè il disastro giustizia. Tutti, a parte i magistrati, concordano che il problema esiste e che va risolto attraverso una riforma radicale. Lo si dice da anni ma non lo si fa mai perché la casta dei magistrati è potente e fa paura.
Dallaltra parte cè il problema Silvio Berlusconi, braccato da alcune procure e ormai sullorlo di capitolare sotto il peso di sentenze politicamente infamanti. È questione di mesi, cè la necessità di intervenire con provvedimenti durgenza che mettano al riparo Berlusconi in attesa che una riforma vera rimetta un po dordine e faccia, per lappunto, un po di giustizia. Per questo la maggioranza ha fretta di approvare prima i provvedimenti demergenza, per questo lopposizione si dice disponibile solo alla riforma, che avendo inevitabilmente tempi lunghi arriverà in porto solo quando i tribunali si saranno già cotti a puntino il premier.
Detta così parrebbe aver ragione chi sostiene che tutto questo trambusto è solo perché Berlusconi vuole sottrarsi alla giustizia. Non è esatto. Leggere la vicenda fermandosi a quello che sta accadendo in questi giorni è sbagliato e depistante. Sarebbe come giudicare la storia narrata in un film guardando solo gli ultimi cinque minuti della pellicola. Durante i quali, per esempio, una persona spara allaltra. Limpressione è che il cattivo sia chi impugna la rivoltella e la vittima chi sta sotto tiro. Ma spesso, al cinema come nella realtà, è esattamente linverso. Chi ha visto tutto il film sa che lo sparatore ha subìto per tutta la storia violenze e angherie e a un certo punto riesce a farsi giustizia.
E allora rivediamolo tutto il film Berlusconi-giudici. Si inizia con la scena del presidente del Consiglio che deve dimettersi per un avviso di garanzia che gli hanno recapitato durante un summit internazionale e che si è poi dimostrato infondato. Invece di ritirarsi a vita privata, come vorrebbero sinistra e alcune procure, Berlusconi resta in politica. Alle elezioni successive è il più votato e quelle ancora dopo le rivince e torna al governo. Da quel momento le sue aziende subiscono migliaia di perquisizioni, lui personalmente è destinatario di oltre cento provvedimenti giudiziari, la maggior parte dei quali non superano neppure il primo vaglio. Ma intanto il danno dimmagine e politico è enorme. Quello economico pure (tra avvocati e consulenze a tuttoggi ha sborsato sessanta milioni di euro). Per lui, a differenza di tutti gli altri imprenditori, avere società allestero diventa automaticamente reato, come solo lui non poteva non sapere tutto ciò che facevano i suoi collaboratori. In un caso, il processo Mills, un presunto reato viene posdatato dal pm di due anni per evitare che il processo finisca in prescrizione.
La vita di Berlusconi viene rivoltata come un calzino, e questo ci sta. Ma a un certo punto lo indagano come capo mafia e mandante di stragi. Per due volte viene completamente prosciolto ancora prima del processo ma intanto il fango resta. E non solo quello. Non contenti i magistrati ci provano una terza volta e interrogano in mondovisione un feroce killer, Spatuzza, che lo indica come il referente di Cosa nostra. Poche ore dopo il picciotto viene sbugiardato dal suo padrino: quello - dice - si è inventato tutto. Ma in giro per il mondo si ricordano solo la prima falsa confessione.
Di fronte a tutto ciò il presidente del Consiglio imbocca la via maestra. Una legge che ripristini limmunità durante il mandato alle più alte cariche dello Stato, così come avevano voluto i padri della Costituzione per bilanciare lo strapotere della magistratura sulla politica. Per due volte il Parlamento approva il Lodo, per due volte il presidente della Repubblica lo sottoscrive, per due volte la casta dei magistrati, attraverso la Corte Costituzionale (dove i membri di sinistra sono in maggioranza) lo respinge al mittente.
Questo, in sintesi, è il film da tenere ben presente prima di giudicare superficialmente ciò che accade in questi giorni. Le leggi ad personam sono lunica risposta che resta a un accanimento giudiziario ad personam. Si chiama legittima difesa. E rispetto della volontà degli elettori.
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