Nell'analizzare il momento (negativo) di una squadra di calcio, forse potrebbe risultare pressoché inutile, alquanto controproducente, utilizzare il «metodo-struzzo» e nascondere perennemente la testa sotto la sabbia, dire che va sempre, sempre tutto bene, prendendosela magari con certamente irritanti giacchette nere di turno, ma non così decisive come si vorrebbe far credere. Guardiamoci in faccia, poeti, santi e navigatori di sangue blucerchiato, nessuno escluso, e poniamoci alcune domande: va sempre tutto bene in casa Samp?
Splende continuamente il sole nell'entourage del Presidente Garrone?
La disastrosa prestazione contro l'Ascoli s'è rivelata soltanto un estemporaneo nubifragio estivo, con il signor Rocchi di Firenze a recitar la parte del fulmine a ciel sereno? No, se vogliamo essere franchi, la risposta è categorica.
Occorre analizzare le cause, approfondire le problematiche proprie di una squadra che in questa stagione sta, senza ombra di dubbio, deludendo le attese, le aspettative che in estate si riponevano in essa.
Maledetti infortuni? Sì, ci mancherebbe: Bazzani, Palombo, Falcone e Bonazzoli hanno dovuto fare i conti con gravi guai fisici e con i ferri del chirurgo, mentre Pisano, Tonetto e Kutuzov si sono confrontati con serie noie muscolari; e non è inoltre mistero che in trentasei gare ufficiali Walter Novellino sia stato costretto a cambiare la formazione, a schierare undici titolari ogni qualvolta differenti. Ma per quale motivo la tanto osannata società, nonostante fosse consapevole della criticità della situazione, dell'esiguità tecnica e numerica della rosa (persino lo stesso aziendalista Novellino s'era, in tempi non sospetti, appellato ai «capi» in attesa di rinforzi), non ha ritenuto opportuno intervenire sul mercato di riparazione in maniera consistente?
A gennaio sono arrivati uno spaesatissimo Iuliano per la difesa, un ectoplasmatico Marchesetti per le fasce di centrocampo e un validissimo ma spuntatissimo Colombo per l'attacco; tre rinforzi, uno per reparto, con un denominatore comune: la parola gratis, parola così cara a Garrone e Marotta. Posseduti, deviati dalla carica ammaliante dello stesso fascinoso vocabolo di origine latina, dalla lieta musicalità del termine svincolato, dalla seducente attrattiva dell'espressione prestito con diritto di riscatto, i massimi dirigenti doriani, stranamente sbilanciatisi ad inizio stagione, rendevano pubblico di sognare Coppe, auspicavano a chiare lettere il quarto posto (dicendo che bisogna sempre migliorarsi); ma hanno ben presto dovuto risvegliarsi, guardando in faccia una realtà molto differente dalle belle trame tessute, dalle fantastiche illusioni del pre-campionato. Buttata fuori dalla Uefa al termine di un girone C composto da formazioni tutt'altro che irresistibili (osservare, prego, per la conferma, i risultati dei sedicesimi di finale…), eliminata dalla Tim Cup per mano di un'Udinese allo sbando (ormai invischiata nella lotta per non retrocedere), la Sampdoria versione 2005-06 si trova attualmente a «soli» sei punti dalla zona-coppe europee ed il trend delle ultime settimane non lascia di certo presagire lieti eventi o piacevoli novità.
Sono tanti, troppi i punti persi con le cosiddette «piccole», come tanti, troppi sono i gol subiti, anche ingenuamente.
Sono tanti, troppi i calciatori che, a dodici gare dal termine delle Serie A, appaiono svuotati tanto dal punto di vista fisico quanto su quello morale, delle motivazioni; sono tanti, troppi gli stessi calciatori che, professionisti sì, ma anche uomini, vivono alla giornata, con un futuro incerto: Antonioli, Castellini, Iuliano, Pavan, Tonetto (ormai destinato alla Fiorentina), Volpi e Flachi (sempre più in conflitto con i vertici societari) a giugno saranno svincolati; Zamboni, Dalla Bona, Gasbarroni, Marchesetti e Bonazzoli sono alla Samp soltanto in prestito; mentre Diana pare sul piede di partenza (Milanello la destinazione più probabile).
E, ad aggravare una situazione già di per sé critica, aggiungiamo anche allo straripante calderone di negatività la recente lotta di Garrone contro le «big» per i diritti televisivi e i conseguenti (sistematici?) arbitraggi sfavorevoli.
Tutto fa brodo per concorrere ad un momento che definire critico è un eufemismo. Forse sarebbe giunta l'ora di voltare pagina, di mutare strategie e di finirla con falsi proclami. Alla società si chiede soltanto realismo. Non si contesta il nono posto attuale, ma la mancata ammissione della reale dimensione di una squadra come la Sampdoria d'oggi: tranquilla salvezza e anonimo centro-classifica.
Anche perché l'eccelso cuoco Novellino sembra stufo di cavare il sangue dalle rape e di offrire prelibatezze con gli ingredienti a basso costo che la società, ormai da anni, gli rifila.
Federico Berlingheri
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