«A perdere è la città, Parigi per il Tour si veste a festa»
1 Agosto 2006 - 00:00Il campione: «In Francia si mobilitano per la tappa finale, qui no. Ma i tifosi sono tanti»
«A Milano ci andavo in bicicletta. Andata e ritorno: tutte le mattine e tutte le sere. Partivo da Cassano dAdda, dove sono nato e abitavo, e arrivavo alla Motta, sì quella dei panettoni. Era un bel modo per rendermi utile alla mia famiglia, guadagnare due soldi e allenarmi». Gianni Motta, il bello del ciclismo italiano, a Milano ci è legato in modo particolare. «Quella è stata la mia prima tappa di una corsa lunghissima durata in pratica dal 64, anno in cui passai professionista, al 74. Lì ho imparato a lavorare, lì ho trovato lingaggio per passare professionista e sempre a Milano, corsi la mia ultima gara».
Labbiamo raggiunto telefonicamente a Bolzano, dove questo ex ragazzo del 43, passato professionista a soli 21 anni, che seppe divedere lItalia del pedale e dello sport per una rivalità genuina con Felice Gimondi, sta trascorrendo le sue vacanze. Neanche a dirlo, in bicicletta. «Sono a fare il Giro delle Dolomiti, assieme a 850 appassionati. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto il passo Gardena e il passo delle Erbe, domani cè in programma lo Stelvio. Con me cè anche Italo Zilioli, ogni tanto compaiono Francesco Moser e Maurizio Fondriest. Si pedala per divertimento, ci si riunisce per mangiare e bere. Alla sera è baldoria, è festa: sembra dessere al Giro dItalia».
A proposito di Giro, lo sa che dal prossimo anno Milano non sarà più lultimo atto di questo romanzo rosa? «Me lhanno detto, e la cosa mi dispiace parecchio - ci dice -. È un vero peccato, perché Milano si sta svuotando di eventi sportivi di un certo livello. Io non capisco proprio perché Parigi, che è Parigi, si mette labito delle grandi occasioni per larrivo del Tour e Milano no. E dire che anche questanno, per applaudire Basso, cera tantissima gente, più degli anni scorsi. Ma di una cosa sono certo: non è il Giro a perdere qualcosa, è Milano che perde una grande opportunità».
Motta lega il proprio nome anche alle Sei Giorni di Milano, che vince (quattro) in pratica in coppia con il belga Rik Van Steenbergen e Peter Post. «Ricordo sfide fantastiche, folla delle grandi occasioni - racconta il Motta, con 83 vittorie al suo attivo tra i professionisti -. Ma a Milano io ho dato anche il mio ultimo colpo di pedale con il numero spillato sulla maglia. Al sabato finiva il Giro dItalia e alla domenica, nei pressi del Vigorelli, si correva un circuito denominato Città di Milano. Vinsi io, in perfetta solitudine: quella fu la mia ultima corsa. Cosa posso dire? Spero che Milano torni molto presto a riabbracciare uno sport, che malgrado tutto, piace da pazzi. Se così non sarà, lo ripeto, a perderci è Milano».