Alberto Taliani
«Le periferie... le periferie... Ormai il centrosinistra è in campagna elettorale e le vuol far diventare il cavallo di battaglia per le Comunali. Credo però che su questo terreno l’opposizione abbia molte armi spuntate. Il loro candidato sindaco, l’ex prefetto Ferrante, fa presto a dire “investiamo nelle periferie, non abbandoniamo i cittadini”. In realtà sa bene che noi non abbiamo mai abbandonato i cittadini e che sulle periferie abbiamo investito e investiremo ancora ingenti risorse, se resteremo come mi auguro alla guida di Palazzo Marino. Per la Cdl e la giunta parlano i fatti. Gli slogan li lascio volentieri alla sinistra...». Riccardo De Corato, l’immancabile toscano fra le dita, socchiude gli occhi e guarda la Scala, la piazza tranquilla e affollata di un qualsiasi giorno di novembre grigio e un po’ uggioso. No, la polemica sulle periferie proprio non gli va giù. Il vicesindaco si prende una pausa, poi aggiunge: «Guardi la nuova Scala, un teatro rinnovato che il mondo ci invidia. È il nostro simbolo, quello della Milano di ieri e di domani... Averla restituita in 30 mesi a tutta la città, periferie comprese, è la dimostrazione che la Milano del fare parla poco e produce fatti. Lei pensa che anche questo non sia utile alle periferie, al loro riscatto sociale e culturale?».
Scusi, De Corato, parte dal centro, dalla Scala per parlare di periferie?
«Certo, la nuova Scala è uno dei perni di quel “modello Milano” che la giunta sta realizzando passo dopo passo da 9 anni e che riguarda sia il centro storico che i quartieri decentrati, “le città nella città” la cui riqualificazione - ricordo l’avvio dei “contratti di quartiere” - è stato uno dei temi forti in base al quale i milanesi ci hanno eletto nel ’97 e riconfermato nel 2001 a Palazzo Marino. Voti che abbiamo preso soprattutto nelle periferie, dove la gente ha creduto in noi. Non nei salotti radical-chic che amano, riamati, la sinistra. Per il centrosinistra è stato un doppio tracollo, la più grande sconfitta dal dopoguerra, dopo vent’anni di amministrazione e di delusioni, ed è partita proprio da quelle periferie di cui parla Ferrante».
Come giudica le parole di Prodi sul rischio-rivolta alla francese? A Milano, c’è o no un allarme?
«Da noi non esistono ghetti di arabi o maghrebini perché, sia pure tra molte difficoltà, ci siamo impegnati a fondo nel favorire l’integrazione. Non c’è immigrazione selvaggia né razzismo diffuso. È vero però che abbiamo il problema dei clandestini e dei rom. Ma sui rom abusivi devo dire che il candidato Ferrante smentisce il prefetto Ferrante. Perché quando nei mesi scorsi abbiamo chiesto inutilmente lo sgombero dei 300 abusivi del Triboniano, al tavolo aperto in Prefettura, ha ammesso che il Comune ha ragione: “A Milano ci sono troppi rom illegali”. Abbiamo chiesto a Penati, ora suo alleato politico, di impegnarsi per decentrare i campi in provincia, Ferrante ha aperto l’ennesimo tavolo e il risultato sa qual è? I rom illegali sono ancora in città, come pure i 24 campi abusivi. Noi invece diciamo da sempre integrazione e dialogo sì, illegalità no. E per i campi nomadi regolari abbiamo fatto fino in fondo la nostra parte, a differenza della Provincia e di molti comuni di sinistra dell’hinterland».
Insomma, il centrosinistra fa allarmismo?
«Sì, è propaganda che alimenta tensioni e paure. Un grande errore, il loro. Invece noi stiamo “ridando l’anima” alle periferie favorendo l’integrazione fra italiani e stranieri. E pensando alla qualità della vita dei milanesi che vi abitano, sia chiaro. Vuole un esempio?».
Lo faccia...
«Ci siamo impegnati a fondo sul tema della sicurezza realizzando una “cintura della sicurezza” attorno alle periferie con ben 10 nuove caserme dei carabinieri e commissariati che si affiancano a 13 presidi di polizia municipale e ai vigili di quartiere. Per non parlare della videosorveglianza».
Eppure l’Unione ripete che le periferie sono sempre più lontane dal centro. È così?
«Casomai è vero il contrario. Noi le abbiamo riportate verso il centro: dal punto di vista “materiale” e culturale. La giunta della Cdl, in 9 anni ha realizzato, unica in Italia, opere pubbliche per 4,5 miliardi di euro, metà delle quali - sottolineo - sono state realizzate nelle periferie. Pensi al trasporto pubblico, alle nuove tratte di metrò aperte. E al trasferimento di una funzione importante alla Bicocca: il Teatro degli Arcimboldi, costruito in 28 mesi. La sinistra che ha governato da metà anni Settanta ai primi anni Novanta ha impiegato vent’anni per fare il nuovo Piccolo Teatro e 25 per il Dal Verme. Poi abbiamo riqualificato 12 piazze di periferia: cito per tutte Greco, Anita Garibaldi, Costantino. Da crocevia sono diventate agorà, centri di vita e di incontro. E ancora, siamo intervenuti su 6 milioni di metri quadrati di aree dismesse e degradate con progetti di riqualificazione avviati o in fase di partenza. E abbiamo fatto parchi: l’ultimo, il Parco Certosa, l’abbiamo inaugurato da poco a Quarto Oggiaro su un’area ex industriale risanata e il quartiere sta diventando uno dei più verdi di Milano. Per non parlare del raddoppio del verde: eppure in passato nelle “giunte rosso-verdi” c’erano due assessori ambientalisti. La verità scomoda è che siamo stati noi - il centrodestra - ad aver piantato 35mila alberi in più. Perché non l’ha fatto in vent’anni il centrosinistra? Perché non hanno rifatto loro rete idrica e nuovi parcheggi? È questa la mia sfida elettorale al centrosinistra e a Ferrante: mettiamo a confronto cos’hanno fatto loro in vent’anni e noi in nove».
Ma l’Unione ha annunciato che andrà nei quartieri con Ferrante a dire che serve un modo nuovo di governare.
«Facciano pure. Ricordo ancora che quando io ero consigliere d’opposizione l’allora assessore Schemmari presentò il piano direttore delle aree dimesse. Sa che fine ha fatto? È rimasto un piano di carta. Che cosa ha impedito ai rinnovatori delle periferie di attuarlo? C’è voluto il centrodestra per dare il via agli interventi. E chiedo: chi ha impedito al centrosinistra in venti anni di fare i depuratori e il termovalorizzatore inaugurati da Albertini? Se penso che ci hanno definito giunta di inquinatori...».
Però l’emergenza casa per troppi è una realtà che non si può negare. E c’è disagio sociale. Anche in tv Celentano ha attaccato la politica urbanistica, i grattacieli, il grigiore delle periferie. Sono accuse che stanno in piedi?
«Il problema della casa è reale. Tanto reale e presente che abbiamo costruito le premesse per un grande intervento: in questi 9 anni abbiamo investito 437 milioni di euro per ristrutturare 34mila alloggi popolari e per interventi di risanamento nei quartieri. Abbiamo favorito la realizzazione di 11mila alloggi di edilizia convenzionata e sovvenzionata nelle aree dismesse. A fine anno apriremo i cantieri delle prime case popolari che il Comune ha costruito da 20-25 anni. Le ultime furono quelle del Gallaratese: 1300 alloggi in 8 aree comunali, finanziati con la vendita del 17% di Aem. E lasciamo una disponibilità di 1,2 milioni di mq di aree pubbliche sulle quali il prossimo sindaco potrà realizzare 20mila alloggi. La verità è una sola: dal centrosinistra abbiamo ereditato una città “pietrificata” dall’immobilismo: cantieri del metrò chiusi, niente parcheggi, niente nuove case popolari, niente depuratori, poco verde e troppe aree degradate. Era una Milano come nemmeno Celentano la vorrebbe. Noi l’abbiamo rimessa in moto. E non faremo quartieri ghetto come Ponte Lambro o casermoni come al Giambellino, ma case di qualità, non quelle da socialismo reale costruite nel passato...».
Lei parla di fatti ma usa toni da campagna elettorale...
«È vero e in questi mesi li vorrei sentire molto forti da parte di tutta la Cdl perché parte da opere concrete. In campagna elettorale è fondamentale che la Cdl rinsaldi le file e abbia una risposta corale su scelte condivise. Vedo ancora troppi distinguo e smarcamenti. L’elettorato, soprattutto di centrodestra, deve avere motivazioni forti per andare a votare. La mobilità del voto ci colpisce molto meno dell’astensionismo dovuto alla poca motivazione».
E allora...
«Allora cerchiamo questa condivisione e mettiamola in campo. I cittadini la sapranno giudicare. La partita di Milano ha peso nazionale. Siamo l’unica grande città italiana con più di un milione di abitanti governata dalla Cdl. Nel 2001 Albertini prese circa 500mila voti su 800mila con una campagna elettorale fatta con un solo comizio del sindaco al Dal Verme e nemmeno un manifesto, è un patrimonio di consensi che va mantenuto. Non siamo mai stati una giunta mediatica alla Veltroni, che prima pensa all’immagine e poi ai fatti. Noi pensiamo prima ai fatti. E non abbiamo mai avuto i problemi che ha Cofferati a Bologna con la sua maggioranza. In due soli mandati la Cdl ha realizzato opere pubbliche per 4,5 miliardi di euro che hanno dato impulso all’economia cittadina portando in Comune provvedimenti che mai nessun’altra giunta in Italia ha portato, come le privatizzazioni di Aem, Sea, Centrale del latte. Stiamo realizzando la Milano del futuro nei quartieri della vecchia Fiera, a Garibaldi e alle Varesine dove sorgerà la Città della Moda, a Montecity con Santa Giulia. Interventi enormi, che in alcuni casi Milano aspettava dal dopoguerra».
E in questi mesi prima del voto?
«Dobbiamo approvare il bilancio entro il 31 dicembre: come fanno Veltroni a Roma e Cacciari a Venezia e come dice l’Anci della Toscana. Poi condividere, augurandoci che l’operazione Sea vada in porto, un piano di grandi opere pubbliche da finanziare con i 600 milioni della vendita. Sono importanti per Milano e saranno le più ricordate. Il metrò 4 e 5 da Lorenteggio a Linate e da porta Garibaldi a Monza: il canale scolmatore di Niguarda. Il nuovo sindaco, grazie a noi, potrà aprire i nuovi cantieri.
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