Periferie tra identità e «non-luoghi»

Se le periferie industriali non ci sono più, che cosa si è formato al loro posto? Una domanda chiara per una Milano che cambia, e un problema con cui tutte le amministrazioni devono fare i conti. Dalla metà degli anni '80, quando hanno perso quella connotazione produttiva che ne assicurava l'integrazione funzionale nel tessuto cittadino, le periferie milanesi vivono una forte crisi che qua e là sta già assumendo i contorni del degrado e della rottura della coesione sociale. Sfogliando le 300 pagine di «Quartieri in bilico. Periferie milanesi a confronto» (Bruno Mondadori), un bel libro curato da Laura Bovone e Lucia Ruggerone, docenti di Sociologia della comunicazione in Cattolica, e presentato di recente all'ateneo di largo Gemelli, qualche risposta concreta si trova. Di proposte sulle periferie se ne sono fatte tante: il Progetto casa (1982), il Progetto passante (1984) e i Progetti d'area (1985) sono stati solo i primi di una lunga serie di interventi più o meno riusciti, che hanno però messo l'accento quasi esclusivamente sull'aspetto urbanistico del problema. Ma non è bastato: forse perché parlare di periferie milanesi non significa affatto parlare di «nonluoghi», almeno non nell'accezione, sdoganata da Marc Augé, di luoghi artificiali e funzionali privi di connotazione identitaria. Le periferie di Milano hanno una storia e una popolazione che ci vive e le vive, con tanto di passione e cuore. E così un abitante di Lambrate, intervistato dalle autrici, rappresenta il suo quartiere come «una sorta di enclave, di repubblica libera». E un altro, a Corvetto, ricorda «gente che era qua da bambina, ha comprato casa, ha i figli qua ed è molto legata al quartiere». Nonostante il degrado, nonostante la convivenza a volte difficile, nonostante molte profonde trasformazioni, il quartiere è ancora un punto di riferimento, anche sociale. Ecco perché negli ultimi anni l'indagine si è estesa al versante sociologico, ed è proprio questa la novità di «Quartieri in bilico», che presenta i risultati dei recenti programmi di riqualificazione e recupero delle periferie. Il programma Urban II (2000-2006), ad esempio, riguardante il Nord Ovest, ha avuto tra i suoi obiettivi la creazione di una rete di servizi innovativi per lo sviluppo sostenibile, facendo leva innanzitutto sulla responsabilizzazione degli attori locali. Altro passo importante è quello dei contratti di quartiere, basati sulla partecipazione degli abitanti alle scelte strategiche. Il programma, rilanciato nel 2005, è oggi affiancato dal progetto «Coesione sociale». D'accordo, ma dove stanno andando questi pezzi di Milano che sono, appunto, «in bilico» fra un passato che non c'è più e un futuro che non arriva ancora? La ricerca, dopo aver tracciato un quadro generale sulla situazione delle nostre periferie e sulle norme che disciplinano gli interventi in materia, si addentra ad analizzare, caso per caso, le sei realtà di Bovisa (Alla ricerca di un'identità perduta), Lambrate (Il villaggio del villaggio globale), Villapizzone (Una città nella città), Molise-Calvairate (Una scommessa possibile), Corvetto-Rogoredo (Il quartiere estremo) e l'area alle spalle della stazione Centrale (Il quartiere multietnico).

Il profilo che ne emerge, tra ciò che già è stato fatto e ciò che si sta facendo e si farà, è quello di una vicenda dinamica, che al di là delle immancabili criticità si concluderà con il recupero, almeno parziale, di vocazioni e specificità di quartiere.

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