«Perseguitata dalla giustizia mi incateno davanti al tribunale»

C’è un punto fermo da cui partire: di lei è più semplice dire quello che non è rispetto a quello che è veramente. Quindi, l’anziana signora bionda distinta e caparbia che tutto il mondo conosce come Ester Verri Barbaglia (meglio nota come «maga Ester») innanzitutto non è una persona comune.
Discendente diretta di Alessandro Manzoni e della milanesissima famiglia Verri, stimata docente all’Università della terza età e più volte consultata con successo dalle forze dell’ordine, questa donna, mentre invoca l’intervento del presidente del Consiglio Silvio Berlussconi, si definisce «la vittima innocente» di un ingranaggio spesso farraginoso e inefficace, quello della «cosiddetta giustizia che tritura tutto e tutti senza troppi complimenti». E che, «se ti restituisce alla vita, lo fa lasciandoti segni indelebili». Ieri la consigliera di potenti e noti del calibro di Bettino Craxi, Giulio Andreotti, papa Giovanni Paolo II, Gianni Agnelli, Maria José di Savoia e Frank Sinatra, personaggi che lei stessa sostiene di aver «spogliato e ascoltato» e ai quali non ha mai chiesto un soldo - come fa tuttora con tutti coloro, ricchi e meno ricchi, che la consultano nel suo modestissimo appartamentino di piazzale Cantore - si è incatenata davanti al tribunale di Milano. Tutto questo nonostante la veneranda (ma misteriosissima) età e il caldo torrido del primo pomeriggio. Prima, però, ha voluto riunire una folla di giornalisti e amici (tra i quali spiccava l’ex assessore provinciale Ada Grecchi, intervenuta più volte a favore della buona fede della veggente) al ristorante Parioli di via Felice Casati spiegando le motivazioni del suo gesto.
«Un funzionario del banco di Roma che gestiva il mio patrimonio sin dal 1984, all’inizio degli anni ’90 venne coinvolto, a mia insaputa, nel riciclaggio di denaro con il clan della ’ndrangheta Morabito. - comincia a raccontare celando l’emozione dietro un paio di occhialoni scuri -. Io allora sapevo solo che mi stava sottraendo dei soldi e volevo denunciarlo, ma mai immaginavo che, oltre a ottenere gli ovvii benefici con il denaro della mia famiglia destinato alla onlus “Ester Verri Barbaglia”, quel tipo fosse anche colluso con dei malavitosi. Quando il pm della Divisione investigativa antimafia (Dia) della Procura di Milano Laura Barbaini seppe che tutto era stato fatto con il denaro della maga Ester, mi convocò in tribunale come persona informata sui fatti. Fui torturata con un interrogatorio di 180 ore e la mia reputazione venne stravolta sui giornali con accuse infamanti che produssero titoli del tipo: “Il patrimonio di Ester Barbaglia è della mafia”. È pur vero che, dopo un mese, il tribunale del riesame dissequestrò tutto il patrimonio, ma da allora cominciarono i miei guai con la salute».
«Vittima dello stress provocatomi da tutte quelle infamie e, conseguentemente, del diabete, - continua Ester - venni portata in una clinica milanese che non è la Santa Rita, ma dove consiglio alle forze dell’ordine di andare a fare dei controlli: ricoverata solo per vomito ipoglicemico, infatti, mi sottoposero, mio malgrado a ogni sorta di esami e terapie, facendomi 50 iniezioni d’insulina al giorno: più tardi, al Policlinico, dove mi hanno salvata, mi dissero che me ne sarebbero servite al massimo due. Uscì da quella clinica dopo tre ischemie cerebrali solo per scoprire che, nel frattempo, persone di cui mi ero fidata, mi avevano rubato tutto quello che avevo in casa. Nel marzo dell’anno scorso, l’apoteosi: due giorni prima dell’asta Cragnotti-Cirio, durante la quale, con quel che restava del patrimonio, avrei voluto acquistare il castello di Brignano per farne un centro di ricerca e destinare il denaro rimanente al Policlinico, il pm Barbaini fece di nuovo sequestrare il mio patrimonio per non precisati reati fiscali: quella donna mi tortura da sette anni, ma nessun giudice mi ha mai rinviato a giudizio» conclude la veggente.
Poi Ester non parla più.

Sgranocchia qualcosa giusto per poter prendere le medicine, quindi si avvia mesta ma decisa verso il tribunale. «Tanto mi resta poco da vivere: se non morirò per il diabete ci penseranno i Morabito, ora che li ho accusati, a murarmi con la calce» sussurra. Dopo tante previsioni azzeccate speriamo che stavolta la maga si sbagli.

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