Al Torino Film Festival è caos. E tutt'altro che calmo (per citare il romanzo di Veronesi da cui verrà presto tratto un film con Moretti protagonista). A pensarci bene, tutta la vicenda somiglia a una commedia, con tanto di baruffe antonelliane. Il regista del Caimano - autentico Sor Tentenna - rinuncia all'incarico di direttore artistico dopo appena due giorni, irritato dal clima neanche troppo arroventato che s'era creato attorno a lui: voleva l'unanimità. Alberto Barbera, artefice del blitz che aveva portato l'amico Nanni alla testa della rassegna, si dimette da direttore del Museo del cinema «essendo fallito il disegno che ho sostenuto»: gesto nobile ma sempre Parricida resta. Il presidente defenestrato Gianni Rondolino - il Barone rosso - assapora la rivincita con l'uscita di scena di Moretti, ma non avrà i soldi per fare il suo controfestival e agita il ramoscello d'olivo.
Quanto al sindaco Chiamparino, Gran Mediatore, estenuato dalla faccenda dopo infinite e inutili trattative, nobilita Tafazzi ricordando che «anche quando riusciamo a fare qualcosa di buono, riusciamo a farci male da soli».Personaggi e interpreti delle baruffe torinesi
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