Vittoria (1819-1901) non era destinata a regnare. Era solo quinta in linea di successione, proprio come il principe Harry oggi. Fu il caso, nel 1837, a metterla sul trono del più grande impero del pianeta, che si estendeva su un quarto della sfera terrestre. Da Londra la Regina controllava le vite di milioni di esseri umani, dall’Europa fino agli angoli più remoti dell’Asia. Il suo dominio divenne sinonimo di splendore, ma anche rigore e sobrietà. Quello che molti non sanno, però, è che il marito di Vittoria, il principe Alberto (1819-1861), era molto più rigido e puritano di lei. Nonostante le divergenze caratteriali la coppia riuscì a dare forma alla monarchia vittoriana, celebre e studiata ancora oggi. Per molti Alberto fu l’unico amore della sovrana, che dopo la sua morte scelse di indossare il lutto perpetuo. Secondo un’altra versione dei fatti, invece, Vittoria si sarebbe innamorata di nuovo, ma di un uomo che non avrebbe mai potuto sposare.
Vittoria e Alberto
Fu la regina Vittoria a fare la proposta di matrimonio al suo cugino di primo grado, Alberto di Sassonia-Coburgo Gotha, di cui si era innamorata fin dal primo incontro. Era certa che il giovane non avrebbe mai osato chiedere in sposa la sovrana d’Inghilterra. Le nozze vennero celebrate il 10 febbraio 1840, tra lo scetticismo di buona parte dei sudditi e del Parlamento, a cui quel principe timido, di origini tedesche, proprio non piaceva.
Eppure Vittoria aveva ragione. Era stata più lungimirante dei politici scaltri ed esperti che governavano il suo regno. Il matrimonio con Alberto fu felice fino all’ultimo giorno. La coppia ebbe nove figli in diciassette anni e costruì un legame solido, che non fu solo sentimentale, ma anche intellettuale. Entrambi, infatti, amavano l’arte e avevano l’abitudine di regalarsi delle opere che li raffiguravano. Certo, la loro unione non fu solo rose e fiori. Sembra che la coppia reale litigasse in modo piuttosto acceso, tanto che la Regina non avrebbe mai avuto remore a lanciare addosso al marito gli oggetti che aveva a portata di mano.
In molte occasioni, poi, i doveri e il ruolo istituzionale di Vittoria minacciarono la serenità della famiglia. Il principe Alberto non accettò di rimanere un passo dietro la moglie in ogni circostanza. Diverse volte espresse dei suggerimenti rivolti all’esecutivo e puntualmente venne considerato da collaboratori e parlamentari alla stregua di un ficcanaso che si arrogava diritti che non aveva, pretendendo di occuparsi di politica.
In realtà la sua influenza fu molto positiva per la Corona britannica: riuscì a proiettare la monarchia nel futuro. Sfruttando la dote della pazienza, che non gli faceva difetto, Alberto riorganizzò l’amministrazione del casato e lo fece così bene che ancora oggi i Windsor seguono i suoi metodi. Il principe si dedicò, su incarico della moglie, a opere di beneficenza, sviluppando e rafforzando il carattere filantropico della famiglia reale britannica. In tal senso Alberto divenne un modello per generazioni di reali inglesi. Il moderno ruolo assistenziale, di servizio verso gli altri che la Corona svolge quotidianamente è stato forgiato dal marito di Vittoria.
Per sempre in lutto
Quando il principe Alberto morì, nel 1861, la regina Vittoria si chiuse nel lutto. Anzi, sarebbe più corretto dire che fece del lutto una prigione personale. Decise di indossare abiti neri per tutti i giorni che ancora le restavano da vivere. Avrebbe ordinato di portare ogni mattina i vestiti puliti nell’appartamento del defunto, quasi lui fosse ancora lì e di lasciare intatte, così come erano al momento della scomparsa di Alberto, le stanze private del Castello di Windsor. Per Vittoria il tempo pareva essersi fermato nell’istante in cui il marito se ne era andato per sempre.
La sovrana si ritirò dagli impegni pubblici, ma continuò a lavorare e a gestire le questioni politiche dal Palazzo. Il suo atteggiamento non piacque ai sudditi e tantomeno al suo governo. Gli inglesi cominciarono a chiamarla “la vedova di Windsor”. La Regina non reagì mai davvero alla sofferenza per la perdita di Alberto. Per gli studiosi questi fu l’unico amore della monarca. Tuttavia, già quando Vittoria era in vita, iniziò a circolare una storia strana, su un presunto amante della sovrana che sarebbe addirittura diventato suo marito.
Il servitore della Regina
Lo scozzese John Brown (1826-1883) entrò al servizio della regina Vittoria nel 1848 e ben presto, grazie alla sua lealtà, ottenne l’incarico di attendente personale. Era un uomo simpatico, affabile e conquistò la famiglia reale, in particolare proprio la sovrana, che ne fece un suo confidente. Quando il principe consorte Alberto morì, l’uomo assistette al dolore devastante che colpì Vittoria. Con discrezione le rimase accanto, accompagnandola a passeggiare a piedi o a cavallo e, pare, persino insegnandole a sparare e a pescare.
La loro vicinanza destò subito dei sospetti. Iniziarono a circolare voci su una presunta relazione tra i due e John Brown divenne inviso alla corte, soprattutto ai figli della Regina, che lo consideravano nulla di più di un usurpatore, un arrivista che stava approfittando della fragilità della madre. I pettegolezzi si intensificarono, un vero e proprio fiume in piena che sfociò in una notizia incredibile: Vittoria e John si sarebbero sposati in segreto e avrebbero anche avuto un figlio. Possibile che la Regina abbia compiuto un simile passo, che ricorda molto il presunto matrimonio morganatico tra Luigi XIV e la ex governante dei suoi figli, Madame de Maintenon?
La verità su Vittoria e John
La stampa britannica alimentò, per certi versi, il gossip sulla Regina e il suo servitore. Addirittura i giornali riportarono il pettegolezzo secondo cui John Brown avrebbe tenuto legata a sé Vittoria con la promessa di contattare, tramite una seduta spiritica, il principe Alberto nell’Aldilà. Tutte sciocchezze, naturalmente. Voci che veicolavano un’immagine negativa del servitore scozzese e del suo legame con la sovrana.
In realtà non c’è nessuna prova che confermi la liaison. Gli storici, anzi, sono certi che tra i due vi sia stata solo una relazione platonica (la stessa che la sovrana ebbe con un altro suo servitore, Muhammad Abdul Karim, la cui figura è stata immortalata nel romanzo e nel film “Victoria e Abdul”). Non vi era nulla di sconveniente. Gli inglesi, però, mal tolleravano questo rapporto, seppur di semplice amicizia per una ragione intuibile: John era un servitore e, secondo la mentalità dell’epoca, doveva rimanere al suo posto.
Il fatto che la Regina lo avesse scelto come suo confidente aveva creato un clima di invidie e gelosie. Nei confronti di John Brown sarebbe stata organizzata quella che noi oggi chiameremmo una campagna diffamatoria, che mirava a scalzarlo dal suo ruolo a corte. Se ci atteniamo ai fatti scopriamo che l’uomo non si è mai sposato e non ha mai avuto figli. In ogni caso i sudditi non avrebbero accettato neanche che Vittoria avesse un amante, figuriamoci un secondo marito: in un certo senso la monarca era intoccabile e, dopo la morte di Alberto, apparteneva esclusivamente al regno.
Probabilmente per la regina Vittoria John era un sostegno: Sua Maestà aveva perso il padre quando aveva pochi mesi, il marito quando era ancora giovane e questo servitore potrebbe essere stato la figura maschile affettuosa e protettiva che alla sovrana mancava tanto. La sovrana governava un regno enorme con piglio deciso, ma era un essere umano come tutti, con desideri, timori e fragilità. Forse la sua solitudine non intaccava l’aura di mistero e superiorità distaccata che una Regina doveva avere, anzi, per certi versi la esaltava, ma non faceva bene al suo cuore di donna e, in generale, di persona.
Non dimentichiamo che un Re o una Regina sono prima di tutto esseri umani e devono trovare un equilibrio tra il loro ruolo pubblico e la loro vita privata (Elisabetta II ci è riuscita, sovrapponendo alla sua umanità il carattere regale). Ciò non significa che Vittoria cercasse un amante. Con ogni probabilità cercava un vero amico e lo trovò in John Brown. Il loro rapporto non smise mai di suscitare speculazioni e pettegolezzi neppure dopo la morte dei diretti interessati. La figura del servitore divenne nota al grande pubblico moderno grazie anche al film “La Mia Regina” (1997, ancora una volta con Judi Dench nei panni della monarca), che mette in risalto proprio la profondità dell’affetto reciproco tra i due.
La lettera
Nel 2004 uno studente ritrovò per caso, negli archivi di uno dei ministri di Vittoria, Lord Cranbrook, una lettera che la sovrana scrisse quando morì John Brown, nel marzo 1883.
In questa missiva, pubblicata su History Today e riportata dal Guardian, è evidente il dolore della Regina (che scriveva di sé sempre in terza persona) per la morte di un caro amico, non certo di un amante: “La Regina ha lasciato scorrere la penna…non è malata, ma terribilmente scossa…[poiché] le manca più che mai il braccio forte del suo caro, fedele amico…il più devoto dei servitori e il più sincero e caro degli amici…Forse nella Storia mai c’è stato un legame così forte e vero, un’amicizia così cordiale e affettuosa tra un sovrano e un servitore…”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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