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L'invidia e il vittimismo: Harry e la "maledizione" dell’eterno secondo

Il prossimo 10 gennaio l’autobiografia del principe Harry sarà disponibile in tutte le librerie del mondo: la royal family deve davvero preoccuparsi, oppure siamo di fronte all’ennesimo sfogo di un secondogenito incompreso?

L'invidia e il vittimismo: Harry e la "maledizione" dell’eterno secondo
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Vivere all’ombra del trono, sempre un passo indietro rispetto al legittimo erede. Presente, ma non indispensabile. Sapere che, a meno di clamorosi colpi del destino, la luce riflessa dai diamanti della Corona non brillerà mai sulla propria testa. Questa è stata la vita del principe Harry fino alla Megxit. Un’esistenza privilegiata, certo, ma da cui il duca vorrebbe allontanarsi sempre di più, forse commettendo l’errore di pensare che un memoir possa chiudere per sempre il passato, come se ogni pagina fosse un coltello affilato in grado di recidere i legami con ciò che è stato. Harry vuole davvero raccontarci gli anni a corte, oppure il suo è lo sfogo amaro, magari vittimista e un po’ opportunista di un giovane uomo che non vuole ammettere di essere stato colpito dalla “sindrome del secondogenito”?

Il potere non si divide

La Storia insegna che il potere non può essere diviso in parti uguali, perché frantumarlo significa indebolirlo, mettendone a rischio la sopravvivenza. Deve esserci un erede e un secondogenito, un re e la sua ombra, pronta a rimpiazzarlo qualora servisse. Come si dice in inglese, “The heir and the spare”, oppure “The spare to the heir”, cioè "l'erede e il rimpiazzo". Un modo brutale ma realistico per spiegare le dinamiche della linea di successione a qualunque trono del presente o del passato. Solo che la regola, perfetta in linea teorica, incontra non pochi problemi nella sua attuazione, poiché non parliamo di automi, ma di persone.

Accettare di essere una ruota di scorta, seppur tra agi e privilegi, non è sempre semplice. La regina Elisabetta lo sapeva bene, poiché aveva vissuto il dramma del secondogenito con sua sorella, la splendida ma sfortunata principessa Margaret. Le due si amavano, ma il trono le ha divise. Elisabetta venne educata per regnare, Margaret per obbedire. I contrasti sarebbero emersi in tutta la loro asprezza quando la sovrana proibì alla principessa di sposare il capitano divorziato Peter Townsend. La storia del loro padre, Giorgio VI, era stata l’esatto opposto: era stato lui lo “spare” (ma, pare, contento di esserlo), accanto al re Edoardo VIII, finché quest’ultimo non aveva deciso di abdicare in suo favore, per essere libero di sposare Wallis Simpson.

Se vogliamo tornare ancora più indietro nel tempo, poi, non possiamo non ricordare la rivalità tra Elisabetta I e la sorellastra Maria La Sanguinaria (e all’epoca situazioni come queste non si risolvevano a colpi di interviste e libri, ma a colpi di pugnale e a dosi di veleno).

“Comprendo la sua scelta”

Chissà se la regina Elisabetta ha pensato a sua sorella quando il principe Harry, nel gennaio 2020, scelse di abbandonare gli incarichi ufficiali. Al People l’esperto Robert Lacey disse che la defunta sovrana era “delusa” dal comportamento del nipote, ma lo “comprendeva”, aveva “una particolare sensibilità rispetto a ciò che Harry stava affrontando, poiché…aveva visto gli stessi drammi a le stesse tensioni svolgersi due generazioni prima”, tra lei e la principessa Margaret. L’invidia, la gelosia, il senso di inferiorità che tornava prepotente tra William e Harry. “La sindrome del secondogenito è un problema costante. Il sistema non ha trovato un modo per dare [ai figli minori] il riconoscimento di cui hanno bisogno. Finché Elisabetta non ha messo al mondo degli eredi, Margaret era una possibile, futura Regina. È una situazione conflittuale che si ripete di generazione in generazione”.

Non a caso sembra che il memoir del principe Harry non attacchi direttamente la Firm (la Ditta - una furbizia per non troncare di netto la comunicazione e continuare ad avere un peso in eventuali trattative), ma dedichi un’ampia parte al rapporto con William, descrivendolo “minuziosamente”. Una potenziale bomba a orologeria che potrebbe compromettere per sempre quel legame profondo che Lady Diana ha sempre cercato di proteggere dal fascino, a volte oscuro, del potere.

La “sindrome del secondogenito”

Tutte le volte in cui il principe Harry si è scagliato contro la royal family non ha mai formulato un’accusa ben circostanziata, con tutti gli elementi al loro posto e possibile da provare. È sempre stato piuttosto vago. Ciò farebbe pensare che il suo fosse solo lo sfogo del possibile rancore covato per anni da un secondogenito che non è riuscito a trovare la sua strada, il suo posto nel mondo. Ciò che il magazine “IoDonna” del 31 dicembre 2022 definisce “frutto di una paranoia esistenziale”, che l’arrivo di Meghan Markle ha fatto detonare. In tal senso l’autobiografia “Spare” è la proverbiale “prova del nove”. Se anche stavolta il duca di Sussex si limiterà ad attacchi “fumosi”, diciamo così, perderà del tutto la sua già debole credibilità.

Ma alla fine la vera domanda è un’altra: era davvero necessario che il principe Harry “lavasse i panni sporchi” in pubblico? L’illustratore Ivan Canu, autore del libro “God Save The Queen” e citato da IoDonna, ha dichiarato: “Quel che non capisco è questo continuo vittimismo. Lui le regole le conosce bene, fa parte di quel sistema, ci è nato e cresciuto. Non gli vanno più a genio? Va bene, che stia a Los Angeles, dove ha dimostrato di vivere una vita molto piacevole, ma che metta fine una volta per tutte a questa rivalsa infinita.

Anche perché sta esaurendo tutti gli argomenti: di cosa parlerà ancora in futuro?”.

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