«Petrolio, che bluff: tornerà a 90 dollari»

da Milano

Contrordine: il prezzo del petrolio non andrà «sempre più in alto» come annunciano gli specialisti della catastrofe imminente. Secondo gli analisti di Lehman Brothers, una delle più importanti banche d’investimenti del mondo, la domanda globale di petrolio è stata sopravvalutata di oltre 600mila barili al giorno. Di conseguenza, oggi il costo del barile sui mercati finanziari è largamente «gonfiato» – annuncia la multinazionale con base a New York – ed è destinato a calare drasticamente nel giro di pochi mesi, «fino a toccare quota 110 dollari a barile a fine anno, e a stabilizzarsi sui 90 dollari nei primi mesi del 2009».
L’«Energy Special Report» diffuso dagli specialisti finanziari americani non lascia dubbi: il «tipping point», l’apice della curva del prezzo del petrolio, è stato raggiunto. Il consumo di oro nero è in aumento, ma in misura inferiore di quanto previsto a inizio 2008. Sia in Occidente sia nei «nuovi colossi» asiatici. Per diversi motivi. Negli Stati Uniti il trasporto di merci e persone sta drasticamente cambiando: i mezzi di trasporto sono più efficienti, consumano di meno e nelle città la moda dei Suv sta calando (la quota dei veicoli supersportivi è scesa dal 18 al 12 per cento del mercato delle automobili). In Europa, la crescita della domanda di petrolio è stata determinata soprattutto da un’«idiosincrasia meteorologica». Già, perché nonostante gli allarmi sul surriscaldamento del pianeta, l’inverno 2007-2008 è stato di gran lunga più freddo del precedente, con un aumento della domanda di combustibili per riscaldamento del 18 per cento.
Anche nella Cina che sta correndo verso le Olimpiadi e nell’India del nuovo miracolo la bilancia tra domanda e offerta di petrolio sembra sbilanciata. Gli uomini di Lehman Brothers hanno calcolato che in Cina quest’anno la domanda crescerà del 5,2 per cento. Tanto, ma meno rispetto al «più 7,1 per cento» registrato l’anno scorso. La Tigre cresce, insomma, ma non in modo esponenziale. Non tanto da «succhiare» tutte le risorse del pianeta, come temono gli ultra-pessimisti. Lo stesso trend si sta verificando in India.

Non solo: in Cina e in India i governi stanno tenendo forzatamente alto il prezzo del petrolio prodotto in patria, per recuperare così le risorse finanziarie destinate a costruire nuove raffinerie. Visti i ritmi di produzione nel «Far East», c’è da scommettere che non ci metteranno molto a realizzarle.

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