da Milano
Non passa lo straniero: con una misura nel segno del nazionalismo, Mosca affida il controllo dei floridi giacimenti marini di gas e petrolio ai colossi di casa, Gazprom e Rosnef, rendendo di fatto impossibile alle major internazionali assumerne il controllo. Anche a costo, spiegano gli analisti, di subire serie ripercussioni economiche.
Non ancora ufficializzato, ma messo nero su bianco nel corso di un vertice in cui il presidente Vladimir Putin ha riunito attorno a un tavolo ministri e dirigenti delle due compagnie, il provvedimento segna un ulteriore passo del Cremlino verso misure restrittive nei confronti degli investimenti stranieri nel settore energetico. Una tendenza che già si era delineata nel 2004 con la cancellazione dei diritti di Exxon e Chevron per Sakhalin 3 (piattaforma offshore nell’Oceano Pacifico) ed era poi stata confermata lo scorso anno con la creazione di un canale unico per il trasporto del gas. La deriva nazionalistica era quindi stata rafforzata con la perdita da parte di Shell della plancia di comando di Sakhalin 2 a favore di Gazprom. La realizzazione del progetto energetico, tra l’altro, potrebbe costare cara alla compagnia anglo-olandese, visto che la Corte dei Conti russa ha stimato in 5 miliardi di dollari i danni arrecati all’ambiente.
In gioco, sulla base dei calcoli del ministero delle Risorse naturali, ci sono infatti 10 milioni di tonnellate di greggio entro il 2010 (95 entro il 2020) e 30 miliardi di metri cubi di gas entro la stessa data (320 entro 13 anni). Enormi risorse, per la cui valorizzazione occorrono molti quattrini: 1,2 miliardi di dollari saranno a carico del bilancio federale, ma i privati dovranno farsi carico di uno sforzo finanziario tra i 70 e 110 miliardi.
Gli analisti sono scettici sulla validità economica del provvedimento: il timore è che l’abbandono del sistema delle aste finora utilizzato per assegnare i giacimenti, a favore della formula dei concorsi, finisca per portare meno soldi (non più di 4 miliardi di dollari rispetto ai 7 od 8 garantiti in passato) nelle casse pubbliche. Mosca ha intanto siglato con l’Algeria un memorandum d’intesa nel campo energetico, con possibili sviluppi nel nucleare, mentre sui mercati petroliferi le quotazioni sono ieri tornate prepotentemente a risalire, fino a toccare i 54,60 dollari il barile, grazie alle previsioni di un ulteriore peggioramento delle condizioni meteorologiche negli Stati Uniti.
Oggi intanto Putin incontrerà il premier Romano Prodi, che in un’intervista a Interfax ha sottolineato ieri come «offerta e domanda di energia debbano essere sicure, sostenibili e interdipendenti nel Terzo millennio. L'accordo firmato fra Eni e Gazprom va in questa direzione».
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