Il petrolio tocca un nuovo record ma poi mette la retromarcia

Il picco a 126,40 dollari il barile. Bush: non useremo le riserve strategiche

da Milano

Giornata sotto il segno della volatilità, quella di ieri, sui mercati petroliferi. A New York, il greggio ha infatti iniziato le contrattazioni in calo, poi ha imboccato la strada del rialzo fino a segnare un nuovo record a 126,4 dollari il barile, per poi ridiscendere con decisione fino a quota 124,88 dollari, in calo dello 0,8% sulla chiusura di venerdì. I timori per la delicata situazione in Nigeria, le tensioni in Libano e l’inerzia mostrata dall’Opec alimentano il nervosismo dei trader.
La scorsa settimana, erano circolate voci di un meeting del Cartello prima di settembre, mese in cui è previsto il prossimo vertice ufficiale. Secondo alcune fonti interne all’organizzazione, alcuni Paesi produttori sarebbero disponibili a un incontro d’emergenza nel caso i prezzi petroliferi restassero su livelli così elevati. Le stesse fonti avevano precisato che un eventuale aumento dell’offerta, per poter essere efficace sulle quotazioni, avrebbe dovuto superare i 500mila barili al giorno.
È dal novembre scorso, quando l’output venne appunto alzato di mezzo milione di barili, che l’Opec non ritocca più le quote. I signori del petrolio sono infatti convinti che i picchi siano provocati dalla speculazione, e non da una carenza di offerta.


Nonostante i continui rincari dei prodotti petroliferi, i carburanti in particolare, stiano creando problemi agli americani, l’amministrazione Bush ha ribadito ieri il no alla vendita del petrolio della riserva strategica.

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