da Milano
Un rialzo di quattro dollari il barile, con i prezzi del petrolio schizzati a New York fino a quota 117,43, e i mercati ripiombano nellatmosfera plumbea che fa avvitare gli indici e temere il peggio per il futuro. I giorni della luna di miele con il rialzo sembrano già finiti, cancellati dalle troppe cattive notizie che, come palline da ping-pong impazzite, rimbalzano da ogni parte del mondo ricordando che la crisi subprime non è finita, che il quadro macroeconomico continua ad assomigliare più allurlo di Munch che alla primavera del Botticelli.
Tornano così la volatilità e i nervi a fior di pelle. Tornano le vendite. LEuropa paga a caro prezzo il cambio di umore: 154 miliardi di euro di capitalizzazione vanno in fumo, causa listini in calo tra l1,5 di Londra e il 2,5% di Francoforte (meno 2,12% Milano). Wall Street prova a resistere, e ci riesce solo in parte: il Dow Jones perde lo 0,90%, il Nasdaq lo 0,08%. Ma per lintera seduta hanno pesato trimestrali deludenti (Macys su tutte), le previsioni di alcuni analisti che stimano una contrazione marcata del Pil Usa nel quarto trimestre, nonchè le parole di fuoco con cui Merrill Lynch sentenzia che «la crisi del credito è ampia, profonda e globale, e non è probabile che finisca presto». Daltra parte, secondo Bloomberg, le banche e gli altri colossi della finanza hanno già accumulato oltre 500 miliardi di dollari tra perdite e svalutazioni. Anche Moodys, con la decisione di declassare General Motors, ha contribuito a zavorrare il mercato, che certo non ha trovato conforto nella gelata delle vendite al dettaglio lo scorso mese (meno 0,1%, primo calo in cinque mesi).
La risalita delle quotazioni petrolifere, agevolata dal calo delle scorte strategiche Usa (in particolare degli stock di benzina) e dalla crisi nel Caucaso, è stata insomma la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le quotazioni del greggio rimangono circa 30 dollari al di sotto del picco di metà luglio, ma si teme unulteriore risalita, tale da annullare le speranze di attenuazione delle tensioni inflazionistiche.
Si tratta di timori particolarmente avvertiti in Europa, dove i prezzi al consumo sono attestati al 4,1% e la Bce mantiene lo stato di massima allerta. Un altro giro di vite ai tassi avrebbe effetti deleteri su uneconomia indebolita e sfiduciata. Lindice Ifo sul clima economico di Eurolandia è sceso infatti nel terzo trimestre ai minimi dal 1993, e la situazione - dice listituto - «è particolarmente negativa» in Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Belgio. Per oggi, sono previsti i dati sul Pil tedesco nel secondo trimestre: rispetto al meno 1% delle stime circolate in questi giorni, fonti governative hanno anticipato ieri che la contrazione oscillerà tra 0,5 e 0,7%; la crescita nel primo quarto dell1,5% sarà però rivista al ribasso. Non sta meglio la Gran Bretagna.
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