No allo scontro tra politica e giustizia Recuperare la fiducia istituzionale e
la funzionalità del servizio. Sono queste le priorità indicate
dal primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo
Carbone, che ha ammonito a "rifiutare ogni
contrapposizione tra politica e giustizia". Un secco "no" alla delegittimazione dei ministri della Giustizia e un invito ai magistrati di "evitare i protagonismi" arriva anche dal procuratore generale della Cassazione, Mario Delli Priscoli. Il pg ha, infatti, denunciato i forti attacchi mossi negli ultimi mesi dalla politica: "La critica ai magistrati non deve mai trasmodare nella denigrazione del singolo o dell’intera categoria, in un attacco ad un’istituzione dello Stato". "Un magistrato può sbagliare ed
è giusto che risponda degli errori commessi per dolo o grave
negligenza - ha detto il vicepresidente del Csm,
Nicola Mancino - questo principio non dovrebbe autorizzare nessuno a
delegittimare quella stragrande maggioranza spesso silenziosa di
magistrati che, pur nelle difficoltà del sistema giustizia, lavorano
con scrupolo, coscienza e rispetto della legge".
Abnorme durata dei processi Negli ultimi cinque anni l'eccessiva durata dei processi è costata alle casse dello stato 41,5 milioni di euro in risarcimenti ai cittadini. "La lentezza della giustizia è anche causa di spese a carico dello Stato con un trend inesorabilmente crescente", ha detto Carbone riferendosi ai risarcimenti previsti dalla legge Pinto nei confronti dei cittadini che hanno subito un processo dalla durata irragionevole. "Si tratta - ha sottolineato Carbone - di un incremento esponenziale allarmante: nel 2002 il costo era di 1,8 milioni, in quattro anni l’aumento è stato di circa l’800 per cento". Il pg ha, quindi, analizzato "l'abnorme durate dei processi". Però, ha difeso la categoria: "E' solo in minima parte ascrivibile ai magistrati che vengono spesso ingiustamente additati, anche all’opinione pubblica, come i principali, se non addirittura gli unici, responsabili delle disfunzioni del sistema".
Prodi: "Potere disinteressato" Secondo Prodi, la magistratura ("potere disinteressato, custode di tutti i diritti") deve essere considerata "sullo stesso piano degli altri poteri". Il premier ha voluto ricordare che "il compito dei magistrati è quello di applicare in modo imparziale la volontà della legge". C'è tuttavia un "ma" nel discorso di Prodi ed è dettato da "un principio fondamentale che va rispettato: i giudici sono soggetti solo alle leggi". Un principio che vale sia per la magistratura ("I giudici usino propriamente le proprie armi") sia per il mondo politico ("Eviti di pensare in termini di ceti e relativi interessi"). "Se si verificasse che taluni magistrati utilizzano gli strumenti di una investigazione e dell’ azione fuori dei casi strettamente previsti dalla legge, saremmo ben al di là di una ipotesi di supplenza - ha concluso il Professore - saremo di fronte a fenomeni assai più gravi di vera e propria distorsione per non dire di eversione del tessuto istituzionale".
L'Anm: "Eversivo chi infrange le regole" Il segretario dell’Anm, Luca Palamara, ha ribattuto che "è eversivo chi sbaglia, e questo lo possiamo stabilire sul piano disciplinare, in astratto non esiste un magistrato eversivo, lo è chi infrange le regole". I punti fermi del rapporto tra politica e giustizia, ha fatto poi notare il presidente dell’Anm Simone Luerti, sono "la professionalità, la misura e il fatto che il processo debba essere celebrato nelle aule di giustizia".
"Lo sforzo deve essere corale e noi vogliamo essere in prima fila - ha concluso - il contributo della magistratura e dei singoli magistrati è sempre stato assicurato ma non può essere isolato. Nessun soggetto dello Stato può operare da solo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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