Più attenzione alla fiction di qualità (vera)

Più attenzione alla fiction di qualità (vera)

Qualcosa si muove sotto il cielo della fiction di Mediaset. Fiction d’importazione, è vero. Però, era ora lo stesso. L’altra sera ha esordito su Italia 1 Sherlock, la fortunata serie britannica che ambienta nella Londra odierna le avventure dell’investigatore creato da Arthur Conan Doyle. Per la tv generalista è stata una «prima», dopo il test su Joi della primavera scorsa. Appena accettabile la risposta del pubblico, inferiore al 7 per cento di share. Purtroppo, c’è qualche conto che non torna nella programmazione di queste serie nella tv commerciale. Il caso recente più clamoroso riguarda Downton Abbey, pluripremiata agli Emmy Awards dove ha battuto la favoritissima Mildred Pierce. Accolta in Gran Bretagna da notevole successo di critica e di pubblico, la serie narra drammi, amori e progetti dell’aristocratica famiglia Crawley che alla vigilia della Grande guerra vive nel maniero di Downton Abbey, tenuta dello Yorkshire. Il conte è padre di tre figlie e, tra le mire della suocera (Maggie Smith) e le predilezioni della moglie (Elizabeth McGovern), occorre trovare l’erede in grado di corrispondere all’onere e al blasone della dinastia. Impresa tutt’altro che agevole. Curatissimi i costumi, i dettagli scenografici, i dialoghi e i profili psicologici dei protagonisti nell’atmosfera estetizzante d’inizio Novecento. Confortata da un supercast e dalla sceneggiatura di Julian Fellows, già autore di Gosford Park, di cui riproduce intrighi e contrasti tra nobili e servitù, la serie è stata programmata di domenica sera su Rete4. Forse, in una stagione come questa, fuori dal periodo di garanzia, si sarebbe potuto rischiare qualcosa di più, almeno nella promozione, provando a costruire uno strascico su una serie di qualità i cui prossimi episodi sono previsti la sera di Natale e di Capodanno.

La prima settimana di gennaio, poi, arriverà per la prima volta in chiaro The Pacific, serie capolavoro sulla guerra del Vietnam prodotta da Steven Spielberg. Vedremo se stavolta lo sfruttamento sarà diverso.
Twitter@MCaverzan

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