Più autonomia per la Martinica? «No grazie, stiamo bene con Parigi»

TERRE FRANCESI Si è votato anche nella Guyana, la remota provincia dove fu incarcerato «Papillon»

Parigi «Approvate la trasformazione della Martinica in una collettività d’oltremare dotata di un’organizzazione particolare tenendo conto dei suoi propri interessi nell’ambito della Repubblica?». A questo garbato quesito referendario, che suggerisce in sostanza per l’isola caraibica francese un allentamento dei legami con Parigi, i residenti (in grande maggioranza indigeni e quindi teoricamente interessati perfino alla prospettiva dell’indipendenza già conseguita da una decina di Stati delle piccole Antille) hanno risposto ieri con un deciso «no, grazie». Anche se la consultazione è stata concessa dal presidente Nicolas Sarkozy in seguito a una domanda espressa dalla maggioranza degli eletti locali durante gli stati generali dell’Oltremare francese.
Alla Martinica, come alla vicina Guadalupa, la maggioranza degli elettori è orientata a sinistra ed elegge solitamente rappresentanti apparentati al partito socialista o a quello comunista. È dunque la sinistra locale ad appoggiare il sì nel referendum, mentre la minoranza di destra vi si oppone. È però altrettanto chiaro che il governo di Parigi, invece, confidava nel successo dei sì.
In sintesi, veniva offerta ai circa 330mila residenti dell’isola con capoluogo Fort de France la scelta tra due possibili novità. La prima consiste nella creazione di una collettività unica dotata di competenze assai maggiori delle attuali: qualcosa che darebbe alla Martinica un grado di autonomia comparabile a quello di cui oggi godono oggi possedimenti francesi nel Pacifico come la Nuova Caledonia e la Polinesia Francese, che dispongono di un vero e proprio governo locale. Se la risposta fosse stata affermativa il Parlamento avrebbe poi determinato il grado di autonomia dell’isola.
Ma essendo la risposta stata negativa, sarà organizzato tra due settimane un nuovo referendum, con il quale il governo di Parigi proporrà un’evoluzione istituzionale più contenuta: se anche questa sarà respinta dall’elettorato martinicano, si lasceranno le cose come stanno.
Il referendum di ieri è stato proposto un anno dopo l’esplosione di una crisi sociale che ha portato anche a disordini nelle città della Martinica e, in misura minore, anche nell’altra isola francese delle Antille, la Guadalupa.
Lo stesso quesito è stato posto ieri anche ai residenti di un altro dipartimento d’Oltremare francese nelle Americhe, la Guyana (con capoluogo Caienna, da non confondersi con la Repubblica della Guyana, Stato indipendente con capitale Georgetown ed ex colonia britannica). Qui la popolazione è molto inferiore di numero (67mila abitanti in tutto, la metà dei quali vive nel capoluogo), ma l’esito del referendum è rimasto incerto fino all’ultimo.


Va notato che non tutti i rappresentanti di altri possedimenti francesi d’Oltremare sostengono la via della maggiore autonomia: per il deputato dell’isola di Mayotte (che si è a suo tempo ben guardata dal seguire il resto delle isole Comore sulla strada dell’indipendenza) «la vittoria del sì aprirebbe la via al regno dell’arbitrio dei piccoli potentati locali». E alla perdita di parte dei soldi garantiti da Parigi...

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