A grandi linee si può anche essere daccordo con gli amici inglesi in questa bizzarra classifica estiva. Purché, per carità, tolgano subito dai peggiori finali quello della Grande fuga. Steve McQueen che, appena catturato, fa rimbalzare la palla da baseball contro la parete della cella suscitando prima la meraviglia poi lammirazione del crucco che lha rinchiuso, è di una bellezza sconvolgente.
Peccato, aver trascurato da parte dei colleghi il cinema francese (Lanno scorso a Marienbad) o svedese (La fontana della vergine), e soprattutto aver dimenticato i due miti italiani, Antonioni e Fellini, in ordine strettamente alfabetico. Dei capolavori del grande Michelangelo, pochi a dire il vero sono in grado di ricordare i finali. Cè perfino chi confonde la chiusa dellEclissi con quella dellAvventura, che è un po come non saper distinguere Alice da Ellen Kessler, ma di gente insensibile, si sa, sono piene le sale. Limmenso Federico da Rimini ha sempre fatto film diversissimi fra loro. Che poi un paio li abbia ambientati a Rimini e dintorni è un purissimo caso. Difficile quindi, se non impossibile, trovare un finale deludente esplorando lopera omnia felliniana. Certo, come tutti i grandissimi, anche Fellini ha incontrato fior di detrattori, compresi invidiosi colleghi come Risi e Monicelli, consci del proprio evidente limite: in oltre mezzo secolo nessuno dei due è mai riuscito a fare un film che fosse incomprensibile da cima a fondo.
Operazione riuscita invece perfettamente al sommo vate riminese. Specie nel vertice sublime del suo cammino terreno, 8 e mezzo, meritatamente coperto di elogi e decorato sul campo degli Oscar. Che qualche spettatore incolto alla parola fine si sia grattato perplesso la pera è un dettaglio. I critici invece sono andati giustamente in estasi. Volendo essere pignoli anche il film dei film ha però un finale che può lasciare perplesso. Il popolino, beninteso.
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