Più per difendere noi stessi che Berlusconi

Non è per Berlusco­ni, ma per difende­re noi stessi. Qui sono in ballo valo­r­i che non si possono sacri­ficare, neppure se te lo chiede Saviano. È una que­stione di pelle. È il motivo per andare con Ferrara, do­mani, a Milano in mutan­de davanti ai puritani. È il no allo Stato degli indigna­ti. E alle loro filosofie. Il ber­lusconismo, dicono, è un virus che ha rincretinito gli italiani, l’unica cura è l’azione politica dei magi­strati. La democrazia va so­spesa fino a quando il Pae­se non tornerà sano (se mai lo è stato). All’inizio avevano quasi timore a di­re certe cose ad alta voce. Erano sfoghi, sussurri, pa­role che pensi ma dici solo tra amici indignati come te. La democrazia è inuti­le. È dannosa. Non ti puoi fidare. Il caso Berlusconi insegna. Quelli che lo scel­gono non sanno quello che fanno oppure sono fa­rabutti e delinquenti. Se donne: potenzialmente puttane. Che fare? Il sogno è abolire il suffragio univer­sale. Vota solo chi è stato scelto da una commissio­ne d’esame con Eco, Savia­no, Zagrebelsky, Asor Ro­sa, Barbara Spinelli (quota rosa) e forse Flores d’Ar­cais. Se sei di famiglia tradi­zionalmente­colta e con al­meno un docente universi­tario tra parenti e affini al­lora voti di diritto. Questa è la democrazia dei filoso­fi, dei predicatori e dei pu­ritani.

Non basta però leggere Kant la notte per scegliere chi deve governare. Nep­pure Kant sarebbe d’accor­do. Il governo dei filosofi piaceva a Platone e ha se­dotto tutti i nemici della «società aperta».L’antiber­lusconismo non è una buo­na scusa per riprovarci.

Al PalaSharp c’erano le televisioni di mezzo mon­do. C’erano applausi, ran­cori, anatemi, ragazzini che ripetevano la poesia del perfetto balilla. C’era gente che pur di squartare Berlusconi è disposta a tut­to, anche a vestirsi da Ayatollah e inventarsi un corano laico della morale pubblica. Le telecamere, emozionate, hanno rac­contato l’indignazione di semiologi, predicatori e cantastorie. E hanno det­to: questa è l’Italia miglio­re. Magari è così, ma forse è il caso di guardarli in fac­cia. Quelli che si autopro­clamano migliori di solito hanno un brutto difetto. Sono convinti che il mon­do non li rifletta. Non sia alla loro altezza morale. È marcio. È rozzo. È bastar­do. Fa il bunga bunga. Biso­gna estirpare il brutto. Og­gi tocca Berlusconi, doma­ni sarà qualcun altro. Tira­no in ballo la morale, in re­altà il fastidio è estetico. È moralismo, piccineria, una vocazione da benpen­­santi: «Noi andiamo a let­to presto». Quando Ferra­ra li chiama puritani non sbaglia. È gente che viene da molto lontano. Sono i chierici vaganti del medio­evo. È il delirio di onnipo­tenza di chi dice «la perfe­zione o nulla». È la ricerca di paradiso che sprofonda nel nichilismo. Sono Mun­tzer e Rousseau. Sono Cromwell e Robespierre. Sono quelli che dicono «chi mi critica nasconde passioni meschine».

Quello che è successo in questi giorni fa schifo. Tut­ti lì a stampare lettere scar­latte sulla puttana di tur­no. Le foto segnaletiche da­te in pasto alla gente: ecco le mignotte del bunga­bunga. La prossima mos­sa sarà rasarle a zero. For­se aveva ragione Bertrand Russell: «I moralisti sono persone che rinunciano a ogni piacere eccetto quel­lo di immischiarsi nei pia­ceri degli altri». Il senso della manifestazione di Milano è qui. È la rabbia contro il governo dei filoso­fi.

È la paura che fanno i pu­ritani quando si mettono in testa che democrazia e libertà sono un ostacolo al­la giustizia. È la miseria del­le «comari del paesino». È che non ti piace dividere le donne in due razze: quelle che meritano e quelle che la danno.

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