«Più scuole di calcio e il fuoriclasse arriverà»

Caro Filippo Galli, lei ha seriamente rischiato di diventare allenatore del Milan, che poi ha scelto Allegri. Dispiaciuto?
«Un pensierino l’avevo fatto, ma poi mi sono rimesso ai voleri della società e continuerò a fare il responsabile del settore giovanile».
Allora parliamo di giovani. Come siamo messi in Italia?
«In questo momento storico siamo livellati verso il basso, anche perché le società per anni hanno abbandonato i settori giovanili preferendo scegliere all’estero giocatori già fatti e a costi inferiori rispetto ai nostri. Stranieri anche di dubbia qualità, il fatto è che gli italiani sono stati pesantemente penalizzati».
I nostri settori giovanili sono invasi da comunitari ed extracomunitari?
«I grandi club, che cercano subito i risultati, hanno il diritto di scovare talenti ovunque, ricordando che i comunitari non possono arrivare in Italia fino ai 16 anni compiuti e gli extracomunitari fino a 18 anni, mentre gli italiani fino a 14 anni non possono uscire dalla regione di appartenenza. Regole che, volenti o nolenti, possono anche non piacere ma vanno rispettate».
Cosa fare per dare una identità ai talenti di casa nostra?
«E’ indubbio che occorre una svolta e deve essere la Federazione a darla. Occorre tracciare una strada e seguirla, senza pensare di trovare il fenomeno in un giorno. Serve un progetto serio».
La nazionale, ieri di Lippi, oggi di Prandelli, risente di questa brutta situazione.
«La nazionale è lo specchio del nostro campionato e l’esempio arriva dall’Inter che domina in Europa e in Italia con pochi italiani. D’altronde i club calcistici sono aziende che hanno come traguardo il profitto economico e le vittorie. Io non sono contro gli esterofili, ma a favore dei grandi giocatori e se questi arrivano dall’estero, perché non prenderli?».
Il suo Milan sta facendo una politica giovanile con i vari Verdi, Strasser, Oduamadi, Beretta e Zigoni.
«Stiamo incrementando le scuole calcio in tutta Italia, passando da 25 a 60 e una ventina solo in Lombardia. Certo, occorre investire, dare ai giovani tecnici e istruttori all’altezza. Adesso veramente occorre un’inversione di rotta, ma ci vorranno anni per ottenere risultati anche se noi abbiamo portato a casa un titolo giovanissimi e la coppa Italia primavera».


Le piacciono questi mondiali?
«Per ora no. Vedo un Brasile in scioltezza e con tanta forza fisica, l’estro di Messi, il possesso palla della Spagna con Villa finalizzatore e i ragazzi del Messico del 1988 e 1989. Ma i giovani lasciano un po’ a desiderare».

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