Piacenza addio, trombati tutti gli uomini di Bersani

Piacenza è la provincia dei due fenomeni del Partito democratico. Da qui arriva Pierluigi Bersani, candidato di Massimo D’Alema alla segreteria nazionale del Pd. E da qui arriva Maurizio Migliavacca, stratega organizzativo nazionale del Pd, l’uomo, si dice, «di tutte le vittorie».
Con due leader di questo calibro, l’elezione della Giunta provinciale (che da tempo immemorabile a Piacenza era retta dal centrosinistra) avrebbe dovuta essere una marcia sul velluto. Invece s’è trasformata in una catastrofe che assume una valenza nazionale, una sorta di premonizione di ciò che potrebbe capitare al Pd nei prossimi mesi.
Non solo la Provincia di Piacenza è stata espugnata dall’azzurro Massimo Trespidi (il Pdl ha corso assieme alla Lega e all’Udc), ma Trespidi ha vinto addirittura al primo turno. Ma la débâcle non è finita qui. Calcolate le preferenze è saltata fuori un’altra amara sorpresa per il duo Bersani-Migliavacca: dei sei consiglieri di opposizione, uno solo è di estrazione ds (Maurizio Villa, ex sindaco di Alseno), mentre gli altri cinque sono provenienti dall’area cattolica.
Infilzata, come uno spiedo di uccellini impancettati, l’intera troika Pci-Pds-Ds composta da Nino Beretta (circoscrizione di Borgotrebbia), Carlo Berra (Mortizza) e Mario Angelillo (Besurica). Ex sessantottini invecchiati, con quarant’anni di politica alla spalle, sono stati bocciati nelle circoscrizioni ritenute blindate. Un terremoto di questo genere non poteva rimanere senza conseguenze.
Il fortino dell’ex Pci è in macerie, non solo ha perso l’amministrazione provinciale (e alla prossima tornata, come spiegheremo più avanti, perderà anche il Comune capoluogo) ma ha perso anche il controllo della piazza. Un tempo era il solo partito in grado di portare migliaia di persone in piazza per osannare Bersani che, giunto abbronzato da Roma, si concedeva all’applauso dei suoi concittadini di sinistra. Adesso il Pci-Pds-Ds-Pd ha dovuto amaramente constatare che anche il neo presidente della Provincia di Piacenza, il pdl Trespidi, è in grado di mobilitare la gente, tant’è che alla festa di ringraziamento degli elettori del Partito della libertà, da lui organizzata sul Faksal, che è una sorta di Circo Massimo di Piacenza, luogo d’elezione delle manifestazioni della sinistra e delle feste dell’Unità, c’era una folla incontenibile. Il «partito di plastica», come veniva sprezzamente chiamato, ha dimostrato di essere non solo un partito di voti, ma anche di votanti. La maggioranza silenziosa non solo si è fatta sentire, ma si è anche fatta vedere.
Il presidente del Consiglio comunale di Piacenza, il pd (ex pci) Ernesto Carini, non ha esitato, dopo aver conosciuto l’esito del voto per la Provincia, a sparare a palle incatenate, dalle colonne del quotidiano locale Libertà, contro il (come lui), ex pci, presidente uscente della Provincia, Gianluigi Boiardi, che pure, sino a una settimana fa, era considerato un mammasantissima del Partito democratico. Boiardi, adesso che è stato disarcionato, è oggetto di tutti gli scherni da parte della nomenclatura del suo partito, che lo considera pubblicamente, senza pudori o prudenze, un «arrogante» e uno «sprovveduto».
Ma la frana che ha investito in pieno il Consiglio provinciale di Piacenza sta travolgendo anche il Consiglio comunale, retto (per il secondo mandato) dal sindaco Roberto Reggi che, a livello nazionale, si rifà a Enrico Letta e quindi, per analogia, anche a Bersani. I due, come si sa, prima di venire stoppati da D’Alema si presentavano come la coppia candidata alle primarie del Pd che poi elessero Walter Veltroni e Dario Franceschini. L’opera più importante dell’amministrazione comunale di Piacenza, contestata dal centrodestra e da gran parte dell’opinione pubblica, è la nuova mega sede municipale che dovrebbe essere realizzata nel quartiere periferico della Baia del Re. Un’opera faraonica e inutile, molto costosa e che spoglierebbe delle residue funzioni il magnifico centro storico medioevale della città. Nella commissione incaricata di valutare i vari progetti è stato incautamente inserito un designer, Aldo Cibic, che non aveva il titolo per farne parte. Il bando infatti prevedeva la figura di un architetto che fosse anche ordinario di materie edilizie all’università. Ma Cibic non solo non è professore ordinario di nessuna materia all’università, ma non è neppure architetto. Il risultato è che il lavoro della commissione è stato gettato all’aria con problemi giuridicamente insolubili. Per esempio, i progetti da valutare debbono essere anonimi. Ma adesso che sono stati già valutati e quindi, con le graduatorie, hanno cessato di essere anonimi, se si rifà la gara potranno essere ripresentati? E se non possono essere ripresentati, chi pagherà i danni? E in che misura? Insomma, quello che doveva essere l’edificio celebrativo del sindaco Reggi, una sorta di Beaubourg in riva al Po, si è trasformato in un pastrocchio che rischia di far deragliare anzitempo l’amministrazione comunale di centrosinistra contro la quale, dopo questa scivolata, si è scagliato anche Giacomo Vaciago, docente di economia all’Università Cattolica, che pure sostiene, da consigliere di centrosinistra, la giunta Reggi.
Insomma, a Piacenza, è in atto una Pompei politica che ha già incenerito la nomenclatura ex comunista ma che rischia di risucchiare nella polvere anche Bersani.

Se il beniamino di D’Alema candidato alla segreteria gestirà il Pd a livello nazionale come lo ha gestito, con l’aiuto dei suoi fedelissimi, a livello locale, riuscirà addirittura a far peggio di Dario Franceschini. Il che è tutto dire.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica