Piacenza, aereo leghista «bombarda» Al Jazeera

Carroccio e Fi in piazza: nuovo cedimento, quella rete è «amica» di Bin Laden

nostro inviato a Piacenza
Auditel alla mano, non risulta che Al Jazeera sia la rete locale più vista di Piacenza. Che c’entra allora Al Jazeera con Piacenza? E perché la televisione araba deve venire proprio qui, sollevando furori di popolo padano, per festeggiare i suoi dieci anni di vita? Sono queste le domandone che accolgono e accompagnano il concerto più singolare che il glorioso teatro Municipale abbia mai ospitato nella sua lunga storia. Per i 200 militanti di Lega e Forza Italia che rumoreggiano davanti all’entrata, la risposta è allarmante: si tratta dell’ennesimo cedimento, in questo caso del sindaco ulivista Roberto Reggi (per l’occasione all’estero causa impegno pregresso), all’invasione musulmana delle nostre contrade. Il veemente no alla nuova invasione si scatena per cielo e per terra: dall’alto, un deltaplano lancia sulla città i volantini con l’orrida scena di una povera donna lapidata in terre d’Oriente, in piazza il sit-in lancia pesanti slogan contro «la televisione di Bin Laden». Sintetizza il senatore leghista Massimo Polledri: «Al Jazeera sostiene il terrorista e fa soldi vendendo i suoi filmati deliranti. Anziché ospitare gli amici di Bin Laden, Piacenza dovrebbe esportare i diritti umani: ogni mese, mille donne vengono lapidate nelle zone arabe. Sì ai diritti, no ad Al Jazeera».
Eppure, la domanda continua a rimbalzare, non solo tra i piacentini: ma perché festeggiare proprio qui, nell’estrema provincia italiana, il decennale della fondazione, che per l’occasione si sposa con il lancio del nuovo canale in inglese di prossima apertura? La risposta ufficiale si materializza finalmente mezz’ora prima dell’inizio, nelle corpulente forme di Imad El Atrache. Costui è il responsabile per l’Europa della televisione araba. Il merito, la colpa, insomma la responsabilità dell’operazione è tutta sua. Da giovane, si è laureato in ingegneria al Politecnico di Milano. Per qualche tempo, si è pure morosato con una ragazza di Piacenza. E già siamo al primo avvicinamento. Il seguito, più avanti. Imad diventa amico del maestro Muti. Ad un certo punto, qualche mese fa, proprio al maestro si rivolge dovendo organizzare in Europa un concerto per il decennale. Ha davanti le opzioni di Londra, Parigi, Berlino e anche Milano. Ma su consiglio di Muti opta per Piacenza, la città dell’antico amore giovanile, dove però aveva imparato ad amare anche il glorioso teatro Municipale, una bomboniera delle arti che data 1804. Qui, spiega Muti, ci sono una grande orchestra e un grande coro, tra l’altro già noti nelle zone arabe per diverse tournée, l’ideale per eseguire un concerto molto ambizioso, opera del maestro arabo di religione cristiana Marcel Khalife, un’ardita e appassionata composizione che si richiama ai temi universali della pace e della fratellanza. E così, eccoci all’attualità: rinunciando a soluzioni gratuite, il dirigente di Al Jazeera sceglie Piacenza a pagamento. Mezzo milione di euro tutto compreso: dai musici al buffet, dalla Rai incaricata per le riprese ai francobolli degli inviti. Per quanto riguarda il consiglio comunale, passatoie rosse. Spiega l’assessora Giovanna Calciati: «Piacenza guadagna dei soldi e si promuove davanti a 60 milioni di telespettatori arabi. In più, l’artista e il concerto sono un inno ai valori supremi della pace: perché mai dovremmo dire no?».
Vallo a spiegare, là fuori. La contestazione rilancia temi noti e consolidati: noi dobbiamo abolire il crocefisso nelle scuole per rispettare i bambini musulmani, noi dobbiamo abolire il presepe per uguali motivi, noi dobbiamo rispettare il Ramadan, noi dobbiamo capire e accogliere. Dobbiamo pure festeggiare Al Jazeera. Ma perché non cominciamo a parlare di reciprocità? Davvero da loro potremmo festeggiare Raidue o Retequattro? È difficile, là fuori, spiegare che l’arte riesce ad abbattere tutte le differenze e le diffidenze. Là fuori, Al Jazeera continua ad essere la rete di Quattrocchi trucidato...
Di fronte alle contestazioni di piazza, il dirigente europeo El Atrache un poco barcolla: «Cosa devo dire: mi spiace. Mai avrei immaginato. È un’ingenuità mia. Pensavo fosse un bel gesto: dopo l’incidente per le dichiarazioni del Santo Padre, noi abbiamo fatto di tutto per chiarire. Per portare nelle nostre zone la voce dei cristiani. Questa sera abbiamo scelto un artista che l’Unesco nel 2005 ha nominato artista della pace. La musica dovebbe servire a stringerci la mano. Eppure, vedo che qualcuno è scontento. Mi spiace: non è bello fare festa dove qualcuno non gradisce. L’avessi saputo, mai più saremmo venuti a Piacenza...».
Inutile insistere. Ciascuno resta sulle sue posizioni e la serata procede su fronti contrapposti. Il teatro accoglie il pubblico. Mille invitati: le autorità del posto, ma soprattutto gli abbonati della stagione lirica. Platea decisamente locale. Pochissimi gli invitati arabi. Sopra il palcoscenico, lo stemma di Al Jazeera, base in legno e rivestimento in lamina d’oro: l’opera non arriva da mondi lontani, è firmata dai ragazzi del liceo artistico piacentino. Per l’occasione, pure loro pagati.
Il resto è solo arte. Grande la musica, ottimo il coro, ottima l’orchestra. Il pubblico risponde con adeguato minutaggio d’applausi. Ma è chiaro che siamo ai dettagli secondari.

Ci sono giornate in cui la grande musica si perde malinconicamente nelle lontananze del sottofondo, sovrastata dal frastuono di questi tempi avvelenati. Qualcosa lascia pensare che Al Jazeera non festeggerà a Piacenza il suo ventennale.

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