Economia

Piano anti crisi, riforma storica ma serve di più

Parte il patto per lo sviluppo. La modifica della Carta sblocca l'iniziativa privata e introduce la meritocrazia nel pubblico impiego. L'ira della sinistra è il segnale che la direzione è quella giusta: la sfida liberalizzatrice rilancerà la crescita

Piano anti crisi, riforma storica ma serve di più

La modifica dell’articolo 41 della Costituzione, nel sen­so che «l’iniziativa economi­ca è libera ed è permesso tut­to ciò che non è espressamen­te vietato», approvata ieri dal Consiglio dei ministri è una ri­forma storica di ampia porta­ta. Anche perché è accompa­gnata dalla clausola per cui «le autorizzazioni preventive saranno sostituite da un con­trollo amministrativo unico a posteriori». Bersani ha scon­giurato di non fare modifiche dell’articolo 41 sostenendo che non servono, ma già si è formato un blog di sinistra che chiede che questo articolo rimanga in piedi per evitare che lo Stato e le Regioni e gli enti locali perdano i poteri dirigisti. Ma Bersani si contraddice, in quanto fra le sue proposte di liberalizzazioni ne ha presentata una per l’abrogazione delle norme regionali che impediscono la libe­ralizzazione della vendita di carburanti. È molto probabile che tale liberalizzazione statale, che Bersani propone e che è de­gna della massima attenzione, venga con­s­iderata incostituzionale perché le Regio­ni, in base alla riforma costituzionale Pro­di, hanno ampi poteri di regolamentazio­ne in questo settore. L’articolo 41, nella nuova dizione li sca­valca. Anche perché verrà riformato l’arti­colo 118 riguardante le funzioni delle Re­gioni e degli enti locali, per uniformarlo all’articolo 41. Ciò consentirà anche di snellire le procedure locali che attualmen­te limitano la libertà di istituire e ampliare le imprese,stabilendo il principio dell’au­tocertificazione e del controllo ex post. Il ministro Brunetta è particolarmente con­tento che si faccia anche la modifica del­l’articolo 97, relativo al pubblico impiego, costituzionalizzando il criterio del merito per il trattamento economico e la carrie­ra. Assieme a queste nuove regole costitu­zionali, che dovranno essere votate dal Parlamento e che il ministro Sacconi (per­sona molto concreta) considera una svol­ta epocale, il Consiglio dei ministri ha sbloccato i fondi per la banda larga, ossia per l’attuazione di un processo di moder­nizzazione del sistema di trasmissione di dati via cavo, che comporta grandi investi­menti tecnologici da parte delle imprese e un rilevante ammodernamento della nostra economia.Ci saranno anche la de­fi­scalizzazione dell’Irap e i crediti di impo­sta automatici per il Sud. Con un metodo quanto meno contraddittorio e ipocrita la sinistra ha ridicolizzato il piano casa di Berlusconi che doveva generare iniziati­ve di ampliamento degli immobili stima­te in 70 miliardi di euro subito e nel giro di pochi esercizi. Purtroppo Regioni e Co­muni si sono avvalsi di loro regolamenti edilizi ed urbanistici per bloccare questa iniziativa. Ora Calderoli sta lavorando per semplificare le procedure e rilanciare il piano casa e snellire gli appalti pubblici, mentre il ministro Fitto sta accelerando i meccanismi che mettono in moto le infra­strutture per il Mezzogiorno, a partire da­gli investimenti ferroviari. Ha promesso di portare i risultati entro il 30 aprile. Purtroppo i grovigli di procedure da di­sboscare sono complicati. E dopo lo «scandalo Anemone» e le accuse alla Pro­tezione civile, anche per rispondere alle inchieste giudiziarie e a pressioni di im­prese che preferiscono gli appalti con le loro lungaggini al lavoro sul campo, sono state depennate le norme che permetta­no di applicare ai grandi eventi le proce­dure di urgenza della legge sulla Protezio­ne civile. L’Italia ha il record dei ritardi nel­le infrastrutture ed opere pubbliche a cau­sa della nefasta legge Merloni, varata nel­l’epoca giustizialista e aggravata da suc­cessive modifiche. E ogni volta che si libe­ralizza questo settore, puntuali, vengono le accuse di voler favorire la speculazio­ne. Gli esempi che ho portato fanno capire che non è vero che Berlusconi e i suoi non hanno fatto nulla, sino ad ora, per la libera­lizzazione e la spinta alla crescita del Pil in questa legislatura. Il fatto è che viviamo in un Paese in cui la sinistra e i suoi intellet­tuali a parole sono per la libertà, ma nei fatti ogni volta che si va sul concreto scel­gono le regolamentazioni, che servono a portare tutto nei tribunali. Carte bollate invece che lavori.

Il governo deve puntare i piedi e continuare nella sfida liberalizza­trice.

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