Far pagare il ticket sanitario a sempre meno persone. Ed ampliare le fasce di chi ha diritto all'esenzione. È questa la direzione in cui si sta muovendo la Regione Lombardia, che dal 13 dicembre, prima dell'approvazione della Finanziaria, ha pronta una delibera sull'argomento. Depositata e da discutere in giunta. Al momento le prestazioni sanitarie esenti da ticket in Lombardia sono il 73 per cento per quanto riguarda le visite specialistiche in ambulatorio e il 97 per cento per quanto riguarda il pronto soccorso (codici verdi). L'obiettivo è ampliare le fasce, estendendo l'esenzione alle categorie più deboli e con più difficoltà economiche. Si sta lavorando anche per ampliare i limiti di età di chi ha diritto alla visita gratuita. Fino ad arrivare all'abbattimento della tassa per le prestazioni sanitarie.
È per questo che i dieci euro di ticket determinati dalla Finanziaria vengono visti in Regione come il fumo negli occhi. «Proprio mentre stavamo avviando un lavoro importante verso l'ampliamento delle categorie esenti - spiega il capodelegazione lombardo della Lega Nord, Davide Boni - è arrivato il ticket dello Stato che va a sovrapporsi a quello regionale».
Secondo il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, «i dieci euro di ticket sono una sorta di cambiale da parte del governo che invece avrebbe dovuto dare denaro contante alle Regioni. Sono un pagherò utopico che servirà a coprire, e comunque solo in parte, i tre miliardi di finanziamento per la sanità in meno messi in Finanziaria rispetto al fabbisogno previsto». A rincarare la dose contro i ticket di Prodi è anche l'assessore lombardo alla Sanità, Alessandro Cè: «È stato avviato un meccanismo di pay back, per cui non si realizzerà una vera e propria entrata per le Regioni. Di questo ne risentirà anche la spesa farmaceutica. Oltre al danno dobbiamo subire anche la beffa».
Il no della Lombardia ai ticket da dieci euro non solo potrebbe tradursi in un ricorso alla Corte costituzionale, ma diventa anche il trampolino per rilanciare una richiesta forte al governo, riunito nel vertice di Caserta. Vale a dire inserire nella proposta di legge sul federalismo fiscale, su cui i ministri stanno lavorando, anche la gestione diretta delle risorse della sanità da parte delle Regioni. Se non altro da parte di quelle virtuose, con i conti a posto e che hanno dimostrato una buona amministrazione del proprio bilancio sanitario.
La giunta di centrodestra, chiede di attuare un «federalismo a geometria variabile» per cui le Regioni che hanno dimostrato di essere virtuose possano gestire le risorse. «Non è più accettabile - insorge Formigoni - un procedimento di questo tipo. Si affidi alle Regioni la gestione economico-finanziaria della sanità e lo Stato non intervenga più stabilendo l'ammontare del fondo sanitario nazionale e suddividendolo, come fa ora, in modo del tutto discrezionale e ingiusto». L'amaro in bocca del presidente lombardo è dovuto al confronto con i fondi ricevuti dalle altre regioni. Se la Lombardia ricevesse per ogni cittadino quanto l'Emilia Romagna (per l'anno prossimo 1.655 euro invece che 1.
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