Gli echi degli slogan di piazza Farnese sembrano rimbalzare sui muri del Vaticano e scivolare via. Pochi i commenti ai durissimi cori scanditi nella manifestazione sui Dico. Un autorevole prelato della Segreteria di Stato non nasconde tutta la sua preoccupazione per il corteo di Roma, perché l'impressione è che si voglia alzare il tono dello scontro. Così la Curia evita di replicare. Ogni parola potrebbe inasprire il clima, sarebbe come buttare benzina sul fuoco. È la stessa preoccupazione che induce monsignore Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, a scegliere il silenzio. «Facciano quello che la coscienza loro gli permette - si limita a dire -. Non voglio dare incentivi a ulteriori polemiche. Meglio riflettere e valutare con calma nei prossimi giorni».
Eppure tutti gli interventi, gli striscioni, le dichiarazioni, la coreografia di piazza Farnese erano a senso unico, cioè contro il Vaticano e la Conferenza episcopale. Giordano (Rifondazione): «Siamo un Paese a sovranità limitata». Cappato (radicali): «Contro il potere clericale». Pecoraro Scanio (verdi): «La Chiesa non deve condizionare lo Stato». Diliberto (comunisti italiani): «Insopportabile intolleranza vaticana». Manuela Palermi (anche lei Pdci): «Gliela faremo vedere noi a Ruini e Ratzinger». Che detta da una signora è una minaccia poco elegante ma realistica.
La Chiesa evita dunque di scendere sullo stesso terreno dei manifestanti, nonostante la preoccupazione per aver constatato che l'obiettivo del corteo non era forzare la mano al Parlamento ma scagliarsi contro la Santa sede. Si avvertono la stessa tristezza e lo stesso dispiacere che provò Giovanni Paolo II quando a Roma, nell'anno del Giubileo, fu inscenato il Gay pride. «Non posso non esprimere amarezza - disse - per l'affronto recato al Grande Giubileo e per l'offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo».
Preoccupato e amareggiato è monsignore Luigi Negri, vescovo di San Marino. «Viene sempre il momento della verità: le centinaia di migliaia di persone che dovevano invadere Roma si sono dimostrate poche migliaia. Nemmeno l'anticlericalismo più becero è un collante adeguato. Sono così intolleranti da chiamare ingerenza le convinzioni diverse dalle loro sostenute da almeno altrettante ragioni. In questo modo ci si sottrae al dialogo, di cui chi è sceso in piazza è fondamentalmente incapace. Così non si hanno ragioni, ma soltanto isterismi».
Il Comitato per la famiglia promosso dai consultori familiari di ispirazione cristiana, presentato proprio ieri a Roma, ha rilanciato l'ipotesi di una contromanifestazione dei cattolici. «Vogliamo dare voce alle famiglie, che rappresentano il 96 per cento delle coppie italiane - ha spiegato Olimpia Tarzia, presidente del Comitato -. Si comincia dai Dico per arrivare alle adozioni da parte degli omosessuali. Ma il diritto naturale viene prima di tutti gli altri diritti». L'associazione Famiglia e valori ritiene che «lo scopo della colorata e folcloristica manifestazione andata in scena nelle strade di Roma è stato solamente quello di dare fastidio e sbeffeggiare la Chiesa e quei cattolici impegnati in politica che cercano strenuamente di fare capire che la famiglia formata da uomo e donna non è in alcun modo equiparabile ad altri tipi di convivenze».
A Palermo, il presidente del Movimento cristiano lavoratori Carlo Costalli ha assicurato che «i cattolici non si rassegneranno a lasciarsi sbeffeggiare o emarginare senza una reazione o uno scatto di responsabilità. È scandaloso che mentre si rivendicano diritti per tutti si nega ai vescovi e ai cattolici il più elementare dei diritti: parlare ed esporre le proprie ragioni».
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