«Picchiare il disabile? Il nostro svago preferito»

Parla uno dei quattro studenti protagonisti del video-choc girato in una scuola di Torino

Augusto Pozzoli

da Torino

Qualcuno li ha definiti «teppisti», qualcun altro «aguzzini», altri ancora hanno scomodato il termine «bullismo» per provare a descrivere la loro bravata. Per la magistratura torinese si tratta molto più semplicemente di persone indagate con l’accusa di violenza privata. Loro, i quattro studenti autori del video choc in cui compare un ragazzo disabile picchiato in un istituto scolastico di Torino, dovranno presentarsi nei prossimi giorni davanti al magistrato della procura minorile, Ennio Tomaselli, e spiegare i motivi di quella violenza, mentre le autorità scolastiche sembrano decise ad adottare la linea dura. Un collegio di ispettori nominati dal direttore scolastico regionale del Piemonte Anna Maria Dominici ha già affrontato il caso, ascoltando il dirigente scolastico e gli insegnanti della scuola, raccogliendo le testimonianze degli studenti. Un’inchiesta parallela a quella della magistratura ordinaria. «Credo che di fronte a questo caso – dice con fermezza Anna Maria Dominici – non ci sia spazio per alcuna forma di indulgenza. Va applicata la sanzione disciplinare più grave prevista, quindi l’espulsione dalla scuola».
«Si è trattato di uno scherzo, niente di più», ha raccontato ieri al telefono uno degli aggressori. «L’avevamo fatto altre volte e nessuno si era mai lamentato. Neppure lui, prenderlo in giro era diventato il nostro passatempo preferito». Ma adesso c’è una denuncia e lo scenario è mutato.
Il giorno dopo all’istituto tecnico professionale «Albe Steiner» di via Monginevro è un muro di silenzi e di «non so» o «non rispondo». Sguardi bassi, cappelli e sciarpe che coprono il viso, figure che scappano in direzione delle aule. Nessuno apre bocca, nessuno ha voglia di raccontare o di spiegare. Di quel loro compagno deriso e picchiato non si può e non si deve parlare. Anche se qualcuno ha utilizzato il proprio personal computer per confezionare in tutta fretta un manifesto antirazzista, quasi a difendere la parte «sana» dell’istituto: «Vi chiediamo scusa a nome di tutta la scuola – si legge nel comunicato - il nostro dovere deve essere un urlo potente come l’infamia commessa. La diversità è sempre una ricchezza». Una ragazza minuta e carina trova il coraggio di parlare, spiega di conoscere i responsabili del filmato girato e poi diffuso in Internet e li descrive come «giovani che cercano di attirare l’attenzione maltrattando i più deboli, gli indifesi. Siano essi anziani o piuttosto coetanei con evidenti difficoltà fisiche o mentali, come è accaduto nel caso del nostro compagno disabile. Qui li conosciamo tutti, ma molti di noi hanno paura a esporsi e a denunciare la loro prepotenza». Persino gli insegnanti si barricano dietro un «no comment» che sa di ritornello ripetuto fino alla noia.
E loro, i quattro indagati? Non si fanno trovare, i genitori spiegano che «in questo momento non sono in casa». Solo uno di loro accetta di rispondere a qualche domanda. Ma solo al telefono, e per pochi minuti.

«Mi sorprende tutta questa attenzione nei nostri confronti, a noi sembrava soltanto uno stupido gioco». Finché qualcuno non ha avuto la brillante idea di filmare le violenze e scaricare il video in Internet. «Non so chi abbia avuto l’idea di spedire il filmato a Google, io non ne sapevo nulla».

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