Il piccolo Mozart annoia Pesaro

La serata ha ripreso quota con un Rossini elegante, divertente e molto ben cantato

Lorenzo Arruga

da Pesaro

Nel quadro sontuoso e assillante, eccitante e gigantesco, delle manifestazioni a favore di Mozart nel duecentocinquantesimo anniversario della nascita, è anche fatale che ce ne sia una contro. Provvede il Rossini Opera Festival, con una micidiale rappresentazione di Die Schuldigkeit des ersten Gebots, cioè «L'obbligo del primo comandamento», episodio d’un’azione allegorica da rappresentare in Quaresima per la corte dell’Arcivescovo di Salisburgo, scritto da Mozart undicenne con l’invadente e deleteria collaborazione del padre violinista, già rappresentato qui a Pesaro qualche anno fa e già allora parso noiosissimo. L’allestimento è lo stesso, con una specie di enorme atrio diroccato e i personaggi in abiti bianchissimi; assente il regista Squarzina, è stato affidato lo spettacolo allo scenografo Agostinucci, che è un po’ come dire malato il chirurgo opererà l’anestesista. Non accade assolutamente nulla, salvo il fatto che uno ogni tanto viene buttato per terra; i cantanti sembrano messi in un posto e dimenticati lì. Peccato perché sono squisiti: Gemma Bertagnolli con il suo puro e insinuante canto d’anima, Maria Gortsevskava, l’estrosa e gustosa Corinna Mologni, l’ammirevolissimo, armonioso e tetragono Ferdinand von Bothmer, e, si direbbe, con la partecipazione straordinaria del tenore Saimir Pirgu, di sicuro avvenire romantico e di bellissima vocalità, uno dei pochi che danno gioia entrando in scena.
Così, La cambiale di matrimonio, che offre il ritmo forsennato e la suprema eleganza della prima giovinezza di Rossini, eseguita sùbito dopo è sembrata una botta di vita, e ci si è divertiti anche alla fiera di caccole da teatrino comico d’una volta, con cui Giovanni Scandella ha ripreso e dilatato la regìa di Squarzina originaria. Portata nello spazio vasto dell’allucinante ma ben acustico «Bpa Palas» strappato dal Festival allo sport, la scena di Agostinucci, con le scaffalature su su fino a un soffitto altissimo e con l’allegria dei tappeti rossi, è godibile e ironica al punto giusto, e si divertono molto, da lui gustosamente abbigliati, i giovani cantanti a guazzarci. C'è Paolo Bordogna, che becchetta la sua parte tutto snodato, e c'è il sempre prezioso Enrico Marabelli, tornano Maria Gortsevskawa e il seducente Saimir Pirgu; dominano Fabio Maria Capitanucci, che dilaga a piena presenza e piena voce nella parte di un americano che ha commissionato una moglie a un mercante inglese e la ragazza prescelta, Désirée Rancatore, come al solito emanatrice di acuti stellari, ma qui soprattutto d’una comicità e d’una grazia infallibili.
Si vive bene ascoltando Umberto Benedetti Michelangeli dirigere: ogni nota, ogni pausa, ogni modulazione e colore sono motivati dalla fedele passione per la bellezza e per l’amore della musica, eccellentemente corrisposto. L’orchestra Haydn di Bolzano e Trento, che in Torvaldo e Dorliska esegue, qui scintilla.


Il Rossini Opera Festival è anche occasione per far festa agli artisti che da anni vi operano con allegra amicizia: figuratevi dunque le feste per Dario Fo, che, direttore Donato Renzetti, ha di nuovo stipato il palcoscenico di figure esilaranti e di allusioni universali per L’Italiana in Algeri d’una decina d’anni fa. Poi le feste diventeranno anche rito, con i tradizionali Stabat Mater, appuntamento consueto, e Il viaggio a Reims per i ragazzi dell’Accademia, quasi una sigla, un ritratto, e sempre un godimento annunciato.

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