La qualità estetica di una città è determinata dai suoi monumenti storici (chiese, palazzi, piazze) e dalla creatività architettonica contemporanea. Tuttavia, è ingenuo pensare che una città sia, non dico bella, ma semplicemente gradevole soltanto perché ha conservato o ha proposto qua e là realtà abitative, sociali, religiose di qualche pregio. La qualità estetica di una città dipende dal modo in cui viene rispettata la sua complessità strutturale stratificatasi nel tempo e in cui può trovar posto la creatività della contemporaneità.
Dire che di questa qualità estetica Milano è ricca, è un malinconico eufemismo, e dire che dal dopoguerra si è lavorato per difendere quel che resta della sua qualità estetica è una malinconica presa in giro. Però, quando la coscienza pubblica ha un moto di ribellione di fronte a molte sanguinose ferite del tessuto urbano, ciò è un buon segno che lascia sperare. Se si esclude chi, con l’opportunità di «recuperare» il sottotetto ha costruito un nuovo piano delle case (naturalmente - e questo è grave - facendo tutte le cose in regola), anche i ragazzini di scuola media provano un senso di disgusto alzando gli occhi alla sommità delle case, osservando lo scempio dei sottotetti di recente edificazione.
L’assessore Carlo Masseroli, responsabile del settore, ci assicura che «i nuovi sottotetti saranno pochi e soprattutto belli». Temo che questi nuovi e bei sottotetti troveranno posto, dal momento che la città ne è stata ormai invasa, sopra gli orribili sottotetti appena finiti di costruire.
Ho votato Letizia Moratti sindaco di Milano e ho anche collaborato alla stesura del suo programma elettorale relativamente alla qualità estetica dello spazio urbano. Ammetto di avere una punta di presunzione, che spero mi sia perdonata, non tanto nel chiedere, ma nell’esigere che quella parte del programma sia rispettata.
Ora l’assessore Masseroli ci assicura che ogni richiesta di «recupero» dei sottotetti verrà esaminata caso per caso. Ma prima, cosa veniva fatto? Con che criteri ha operato la commissione Paesistica che deve dare, ieri come oggi e domani, l’autorizzazione al recupero? Inviterei l’assessore Masseroli a farsi due passi per via Panizza: è breve, ci si impiegano cinque minuti a percorrerla. Ci sono delle case che sono piccoli gioielli, edificate alla fine dell’Ottocento. Certo, non rientrano nei libri di storia dell’architettura, ma costituiscono quel tessuto urbano, di cui prima parlavo, che è fondamento della qualità estetica della città. In quella via io abito da tanti anni: era bella, oggi fa schifo grazie al «recupero» del sottotetto, non solo della mia casa. Ignobili cappellacci piazzati sopra il tetto senza rispetto delle prospettive, dei materiali di fabbrica, della continuità dei profili strutturali.
Naturalmente, questo scempio è assolutamente rispettoso delle normative comunali: ho cercato di avere la relazione degli esperti della commissione Paesistica anche per capire se ormai io, professore di estetica, con il passare degli anni mi sono rimbambito. Non è stata data nessuna risposta alla mia richiesta e, in fondo, non sono proprio l’ultimo extracomunitario arrivato a Milano.
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