Cristiano Gatti
nostro inviato a Sanremo
Pure Panariello: tutta una vita per diventare un comico, poi proprio a Sanremo viene a dire che non vuole fare il comico. Nemmeno il tempo di cambiare vita, opere, ruolo: e giù tramvate. A memoria d'uomo, non si ricorda un conduttore di Sanremo così finemente triturato dai giudizi collettivi. Ecco allora la brutale retromarcia: dopo due serate di strazio totale, galleggiando tra gag impresentabili e battute improponibili, Peter Pan si gioca il tutto per tutto aprendo una spietata caccia alla grande preda: la risata perduta.
Come ricominciare? Nel modo più semplice: tornando là, da dove era partito, dalle caricature e dai travestimenti. Cioè dai trucchi che aveva espressamente detto di non voler scomodare per il Festival. Brutto segno, gran brutto segno: più che altro, il segno della sconfitta.
Purtroppo, la sconfitta non è solo questa. Ce n'è una seconda, la più evidente: il ritorno alla risata vera e sana non è opera di Pan. È merito del suo compagno di merende, Leonardo Pieraccioni. Tocca a lui tirar fuori dal baratro quel che resta dell'amico e del Festival. La trovata è semplice: si apre la puntata e si presenta Pieraccioni. Dice che Panariello non ha retto le critiche, che come annunciato in diretta al Tg1 si è definitivamente ritirato (molto più comici i giornalisti che si precipitano trafelati per chiedere conferme ai dirigenti Rai: come facciamo a pretendere buone battute, se non siamo neppure in grado di capirle e ce le devono spiegare?). Poi il grande monologo, il primo monologo degno di questo nome che si riesca ad ascoltare sul palco Ariston, praticamente una lezione di comicità all'amico e ai suoi autori. Leo parla del caro biglietti: «Fuori ho visto Briatore che faceva una colletta per entrare». Funamboleggia ricordando che «l'incasso sarà interamente devoluto in beneficenza al costumista di Povia». Raggiunge vette esilaranti sulla performance drammatica di Anna Oxa quando parte un violino triste: «Questo è il lato B della Oxa...». Quindi arriva Ilary Blasi, e lui richiama l'episodio del seno scoperto: «Cara Ilary, ti seguo da quando facevi la letterina: ho visto che l'altra sera ti è uscita una consonante». Infine, si volta verso la scenografia del premio Oscar Dante Ferretti: «Chellè sta roba, un orecchio? È tre giorni che a casa noi ce lo chiediamo. La mi nonna dice che è uno zampirone. Ma Dante Ferretti, che hai fumato in America?».
E lui, il vecchio Pan? Entra in scena sotto forma di Cateno, il fratello timido e imbranato di Pieraccioni nel nuovo film. Non si spinge più in là di una poesia in rima e di un casto bacio sulla bocca di Ilary. Infine i due toscanacci se ne vanno insieme in bicicletta, lasciandosi dietro tutto il senso di un confronto impietoso. Riassumendo con un risultato tennistico: Pieraccioni-Panariello 6-0, 6-0. Comunque, il primo guizzo vero del disgraziatissimo Sanremo 2006.
Per vedere altri scorci di Festival commestibile serve ancora un contributo esterno, con Carlo Verdone travestito da babbiona. È una tale Assunta Desenis che racconta le tragedie con cui negli anni Cinquanta riuscì ad andare dieci volte in finale, senza mai cantare. Di livello il tormentone traumatologico: a forza di assecondare le richieste di Nunzio Filogamo, Assunta finiva ogni volta all'ospedale di Imperia per curarsi ernie e fratture. Chiude Muccino Junior che se la riporta all'istituto, al grido «lo dico alla suora». Quanto invece all'inserto con la macchina da guerra del wrestling, John Cena, si rivela decisamente più edificante di quello inaugurale col bollito Travolta. Un po' prolisso, forse: ma con quanto s'è speso, bisogna ammortizzare.
Bilancio complessivo, allora? Certamente la terza è la tappa migliore.
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