Di Pietro, l’ex poliziotto duro e puro che ora sta con chi assalta gli «sbirri»

Il ragazzo pensa che a vent’anni si possa fare tutto. Si muove sicuro tra la nebbia dei fumogeni in questa Torino assediata. Lui ha un fazzoletto nero che nasconde il viso, la maglietta arancione e un estintore rosso tra le mani. Non è il solo. L’estintore, in queste strade dove si affrontano gli studenti in nero e i caschi blu della polizia, vaga di mano in mano come un simbolo, come un’accusa, come la croce di un cimitero. Sta lì, quasi a evocare la tragedia di Carlo Giuliani, solo che ancora una volta si scherza con il fuoco. In questa Italia precaria, dove la crisi è una cappa di piombo e le parole si sparpagliano in piazza, questi ragazzi si mettono a prendere d’assalto qualcosa di piccolo che ha la sventura di avere nel nome la sigla G8. Il G8 dei rettori, che raccontato così fa perfino un po’ ridere. È la protesta sociale, di piazza e violenta, che si abbatte su una sorta di riunione di condominio. Il G8 dei rettori, appunto. L’unica cosa che si può dire di questa assurda sceneggiata è: non fate l’onda.
Solo che gli scontri ci sono stati davvero, e sul terreno sono rimasti 24 feriti, ventidue poliziotti e due carabinieri. E questi studenti, più o meno finti, avevano la divisa dei Black bloc, con le maschere e i vestiti neri, le bandiere taroccate di una pseudo anarchia senza amore, brutta, bastarda e nichilista, con facce di gente che viene dall’altra parte del mare o delle Alpi, tanti, tantissimi greci e molti baschi, gli ultimi professionisti della rivolta studentesca. Qui a Torino l’internazionale nichilista della «protesta per la protesta» si è data appuntamento, con un solo obiettivo: fare l’onda, fare casino.
Questi qui hanno una congrega di padri putativi, tutti i nostalgici del Novecento più sbandierato e ideologico. Qui in Italia hanno trovato, oltre ai soliti vecchi arnesi dalla cattedra calda, anche una nuova casa. Il soccorso è arrivato da chi ha disegnato tutta la sua politica in un’opposizione senza quartiere, quella che in nome dell’antiberlusconismo si mostra ormai disponibile a bruciare tutto. Il soccorso, il riconoscimento culturale, l’identità, arriva grazie alle parole del filosofo dell’Idv, il vecchio profeta del pensiero debole, l’uomo che un tempo studiava con Pareyson e si specializzava sull’ermeneutica di Gadamer. Uno che non avresti mai immaginato sotto braccio a Di Pietro e invece lo ha fatto, solo per risicare una pensione da europarlamentare. Gianni Vattimo ieri ha detto: «Ai manifestanti di Torino va tutto il mio sostegno, anche per quella robustezza di reazione che dimostrano di saper mettere in campo». Vattimo, non smentito da Di Pietro, sostiene un gruppo che dichiara questa strategia di azione: marciare in blocco, cercare lo scontro diretto con le forze dell’ordine, deviare dai percorsi imposti dall’autorità, uso sistematico del vandalismo e della distruzione di simboli del capitalismo. Lo dicono loro, lo scrivono loro. Ecco chi sono i nuovi alleati di Di Pietro e dei suoi filosofi.
Questa storia va capita. Come mai un ex poliziotto, un ex magistrato, uno che un tempo si mostrava al mondo come uomo d’ordine, ora fiancheggia il vandalismo ideologico? La politica, l’odio e il potere. Di Pietro sa che in Parlamento non ha grandi margini di manovra, considera i suoi alleati del Pd una fanfara di smidollati e l’antiberlusconismo è la sua unica bandiera politica. Cosa può fare? Cavalcare qualsiasi rivolta sociale si affacci sulla scena. Non importa quale, non importa chi. E così tra i suoi tanti proverbi ne ha scelto uno che non nasce a Montenero di Bisaccia: il fine giustifica i mezzi. Non Machiavelli, ma quella versione più rozza passata alla storia come machiavellismo.
Il poliziotto, insomma, è salito sulle barricate. Era in trincea con piloti e hostess ai tempi della questione Alitalia, con lo spirito anche lui con il cappio in mano e pazienza se poi la bella Martani si è riciclata nelle stanze del Grande Fratello. Era due giorni fa davanti ai cancelli di Mirafiori. È in tutti i salotti dove l’odio verso Berlusconi non è politico, ma esistenziale, irriducibile, viscerale. La ricetta di Antonio Di Pietro, il sale della sua opposizione, prevede tre figure sociali. È lì che sta pescando: intellettuali, studenti e operai.

È convinto che la crisi, la paura, il deragliamento della società siano in questo momento i suoi migliori alleati. E come i Black bloc soffia sul nichilismo. È questa l’Italia dei valori? L’onda che sta cavalcando puzza di malasorte.

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