Di Pietro rompe gli indugi: «La Tav spetta a me»

Il ministro promette di ripartire da dove arrivò Letta. E il sindaco di Torino chiede un incontro con il governo

Paolo Bracalini

da Milano

«La Tav la faccio io, lo dirò a Pecoraro Scanio». È bastato qualche giorno perché franassero gli equilibrismi dialettici del governo sulla Tav, i no mascherati da mezzi sì. Stavolta il ministro Di Pietro batte i pugni sul tavolo: «La faccio io». E per farlo, la strada è quella tracciata dal precedente governo. «Bisogna ripartire dal lodo Letta - dice Di Pietro -. Voglio fare con il nipote (Enrico) ciò che ha fatto lo zio (Gianni): richiamare il tavolo politico, che insieme all’Osservatorio sulla Torino-Lione rimettano in moto il meccanismo di concertazione con la popolazione locale per trovare le soluzioni possibili».
Ancora non è chiaro a chi tocchi, tra Infrastrutture e Trasporti, l’ultima parola nella mischia dell’Unione sulla Tav. Già si erano pestati i piedi per il Ponte sullo stretto, poi la promessa di prendere «tutte le decisioni collegialmente» e lavorare gomito a gomito anche con zone di sovrapposizione tra i due dicasteri. Di Pietro però non ha dubbi: la Tav spetta a me, non ai Trasporti. E la differenza è tra il fare e il non fare, visto che il ministro esternatore in quota Pdci, Alessandro Bianchi, sull’alta velocità, finora, ha esternato solo dubbi: «È un’opera da esaminare con la dovuta attenzione», «Non dev’essere violata la compatibilità sociale e ambientale»...
Ma anche risolto questo, rimarrebbero gli altri nodi da sciogliere. Il no dei Verdi, i fondi per le grandi opere che non si trovano più. Di Pietro parlerà con il ministro dell’Ambiente «per trovare una soluzione possibile»? Ma una soluzione per la Tav il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio già ce l’ha: non farla. Per il presidente dei Verdi, intervistato ieri da Repubblica, il governo ha altre priorità per il corridoio 5 e la Val di Susa. «Prima raddoppiamo la capacità di trasporto seguendo il piano elaborato dalle Ferrovie nel 2000, che costa 15 volte meno di quello contestato, poi si vedrà se è necessario fare altro».
Già, i costi. Per la Tav in val di Susa ci sono gli stanziamenti per la progettazione esecutiva che l’Italia sta portando avanti con i francesi. Ma per andare avanti servono altri due miliardi di euro, e Tommaso Padoa Schioppa ha esordito nei suoi nuovi panni di ministro dell’Economia in modo poco incoraggiante: «Gli strumenti di controllo del disavanzo predisposti per il 2006 creano una situazione di grande tensione, quale il rischio di chiusura di cantieri in settori importanti come Fs e Anas». Rischiano di bloccarsi i cantieri dell’Alta velocità tra Novara e Milano, Firenze-Milano, Roma e Napoli, oltre a quello della Valle di Susa su cui gravano anche le tensioni all’interno del governo, e poi tra Regione, Comune di Torino e comunità locali.
E il primo messaggio del sindaco di Torino Sergio Chiamparino, appena rieletto con il pieno dei voti, è stato infatti quello di chiedere al governo una veloce convocazione sulla Torino-Lione. La discussione sul tema è essenziale per dare modo all’osservatorio tecnico di pianificare il lavoro, dopo l’allarme sui conti pubblici.

«Mi auguro che il ministro Padoa Schioppa possa dare la giusta priorità a opere come la Tav che sono essenziali. Il rischio è di bloccare la Tav, non la parte dei cantieri che deve ancora essere avviata, ma quella dove ci sono già i lavori in corso».

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