Antonio Di Pietro è nervoso. Molto nervoso. Quelle foto che lo ritraggono con agenti segreti italiani e stranieri ai tempi di Mani pulite, quelle voci su misteriosi viaggi, presunti conti e affari all’estero lo stanno mettendo di malumore. Lui nega, smentisce, precisa, cade in contraddizione, minimizza ciò che è evidente. Gli indizi cominciano a comporre un quadro inquietante sulla sua attività di pm e minano la credibilità del grande moralizzatore della politica e dei costumi italiani. Se indagasse su se stesso, probabilmente, si sarebbe già arrestato. Ancora oggi, in Parlamento, istruisce processi sommari per molto meno. Un certo imbarazzo comincia a serpeggiare pure tra amici e alleati, anche se ufficialmente il problema non esiste. Ieri Bersani ha superato se stesso: «Non capisco tanto clamore, parliamo di cose vecchie di 18 anni». Il Pd quindi è contrario al processo breve ma favorevole, quando gli conviene, alla verità breve. Come dire: salvo che per i fatti che riguardano Silvio Berlusconi, contro il quale è giusto scavare fino a trent’anni indietro, per noi e per i nostri amici il tempo della verità è solo il presente. Meglio se neppure quello.
È il solito, stucchevole doppio binario del giudizio e della morale: ciò che vale per gli altri non vale per noi democratici. Principio al quale è fedele lo stesso Di Pietro. Pochi mesi fa scese in piazza a Roma e mobilitò il Parlamento Europeo perché Silvio Berlusconi si rifiutava di rispondere alle dieci domande di Repubblica sulla sua vita privata e sessuale. Allora definì la scelta del premier «un attentato alla democrazia e alla libertà di stampa». Se le domande le fanno a lui però la musica è diversa. Così ieri, quando una giornalista del Tg1 l’ha avvicinato e gli ha chiesto di commentare le foto che lo riguardano, lui è andato su tutte le furie e ha risposto con tono minaccioso: «Come si permette, che cazzo di domanda è questa».
Già, le domande può farle solo lui. Così come l’immunità deve essere solo per loro. D’Alema l’ha chiesta e ottenuta, come parlamentare europeo, quando stava per essere travolto dallo scandalo Unipol.
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