Cronache

Pieve Ligure: mattoni sugli ulivi

Bei tempi quando, nelle alture di Pieve, se avevi la sfortuna di svegliarti poco prima delle cinque di un mattino di primavera, per almeno un'ora non riuscivi più a chiudere occhio, frastornato da un concerto perpetuo di merli e passerotti. Siamo sinceri, magari qualche accidente lo abbiamo anche mandato, ma in fondo era tutto molto naturale, o meglio «bio», come si usa dire oggi. Poi qualcuno ha pensato forse al nostro sonno prezioso e ha fatto in modo che i merli non trovassero più casa, decidendo che in fondo ulivi ce n'erano fin troppi: meglio abbatterli e dar spazio a qualcosa di più moderno e redditizio. Ora magari si dorme fino alle otto, ma si rischia l'infarto per il passaggio improvviso di rumorosissime carrette a motore cariche di materiale da costruzione, che tra fumi neri e puzzolenti entrano ed escono dai cantieri . E se un tempo spuntavano i funghi, ora spuntano i posteggi. Ce n'è per tutti i gusti (ma non per tutte le tasche): coperti, scoperti, con catena, con paletti. Ma tutti rigorosamente con vista mare. E in mezzo, qua e là, qualche ulivo ancora agonizza, coperto di cemento fino a metà tronco; ma ha le ore contate. «Sono morti, abbiamo dovuto tagliarli», un responso che vale per tutte le fasce distrutte nel paese, per i due poveri carrubi e per il cedro della piazza, del resto «già precari per ragioni di vecchiaia», incapaci quindi di adattarsi al nuovo - e già da rifare - orribile assetto del piazzale.
Insomma, Madre Natura è un po' demodé e non sa stare al passo coi tempi: fatti suoi e largo al progresso! D'altronde, in un paese in cui «gli alberi sporcano perché fanno cadere i frutti per terra», non c'è da stupirsi: sai che fastidio, se oltre a scivolare su un'albicocca spiaccicata, ti tocca anche pulire la suola, molto meglio un bel lastrone di cemento liscio e pulito. E risparmiamoci la logica (per noi) domanda sul perché le albicocche non sono sul tavolo da pranzo invece che calpestate nel vicolo. Tempo sprecato. Ma torniamo al nuovo volto di Pieve: facciamo due passi verso S. Bernardo di Bogliasco, oppure accingiamoci a raggiungere la chiesetta di Santa Croce: una serie ininterrotta di automobili, scavatrici, cantieri (con optional di cartello esplicativo), casupole raddoppiate di dimensioni, case che cambiano fisionomia, del tipo: «avevo bisogno di una stanza in più e me la sono costruita». Logico, no? Non fa una grinza. Insomma, è bello vivere in un angolo di paradiso, soprattutto se hai il suv posteggiato sotto casa, magari una piscina dove rinfrescarti e un bel praticello all'inglese pulito pulito, che, se anche non c'entra nulla con il contesto, è davvero molto chic. E tanto per rimanere in tema di «bando» al naturale, diciamo che anche i gatti non ci sono più. Letteralmente spariti. . A questo punto alla povera e disorientata Madre Natura, ormai esasperata e lesa nel suo equilibrio biologico, non resterebbe che sguinzagliare i suoi predatori, con il rischio di farci trovare quotidianamente un bel biacco variopinto arrotolato sullo zerbino di casa. Ci manca solo questa e poi non ci resta che l'aiuto del patrono S. Michele; con i draghi ci sa fare, figuriamoci con i rettili comuni. Per concludere, ricordiamo che recentemente Pieve è stata annoverata tra i paesi produttori ufficiali di olio (oltre alla certificazione di tutela ambientale): ma lo sanno questi signori che l'olio si fa con le olive? E che le suddette olive non si comprano al supermercato? Cammino per una delle vecchie creuze cementificate e incontro un pievese natio. «Sa? Qui fino a qualche anno fa c'era un frantoio a sangue, di quelli azionati dalla forza dell'asino: un gioiello di storia e cultura. Una meraviglia».

Recentemente è stato smontato: anche lì, forse, è arrivato il progresso.

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