Piloti Alitalia: "Governo ok, ma riveda il piano"

Intervista a Fabio Berti, presidente dell’Anpac, il più forte sindacato della categoria. "Sui contratti non faremo passi indietro, siamo già sotto la media europea. La nuova compagnia rischia di essere troppo piccola e di puntare sul medio raggio, quando è quello lungo a dare profitti"

Piloti Alitalia: "Governo ok, ma riveda il piano"

Milano - La parola ora passa a voi, ai sindacati. Una bella responsabilità...
«La situazione di Alitalia è molto difficile, e la mia vera preoccupazione è la tenuta del piano industriale, stando almeno ai contenuti illustrati finora dai giornali», risponde Fabio Berti, presidente dell’Anpac, il più importante sindacato dei piloti, categoria minacciata da un ampio numero di tagli.

Che cosa la preoccupa del piano?
«Alitalia viene fortemente ridimensionata e lascia spazio ai concorrenti. In più, si concentra sul medio raggio, che è il più falcidiato dalla concorrenza delle compagnie low cost, e arretra sul lungo, l’unico che fa profitti e che andrebbe sviluppato».

Ma l’aggregazione tra Alitalia e Air One ha proprio l’obiettivo di conquistare quote domestiche.
«Lasciare a terra un così alto numero di aerei non è coerente con ciò. Poi, sulla Milano-Roma non potranno non esserci misure antitrust. Se non italiane, europee».

Il governo però intende andare avanti.
«E infatti apprezzo un atteggiamento duro verso l’Unione europea, che negli anni ha favorito la crescita delle altre compagnie nazionali a danno di Alitalia».

Come gestirete la partita degli esuberi?
«Si sono detti e letti molti numeri diversi. Attendo di avere in mano le cifre. Ma continua a esserci confusione tra coloro che ricorreranno agli ammortizzatori sociali, i veri “tagli”, e coloro che, pur esternalizzati, non perderanno il posto. Poi c’è un’altra spina...».

Quale?
«Si vuol vendere il cargo, che guadagna e per il quale c’è la fila dei compratori. Un settore che fa profitti dovrebbe restare nel perimetro e contribuire al risanamento».

Ma in una ristrutturazione che si dà degli obiettivi precisi, può avere senso vendere anche pezzi buoni. Piuttosto, 134 piloti per cinque aerei non sono troppi?
«Il cargo ha network e modalità operative diverse dal trasporto passeggeri. Pensi che in base alle norme europee il numero dei piloti del nostro cargo dovrà aumentare di ulteriori venti unità».

Sia sincero: meglio questo piano o quello di Air France?
«Siamo di fronte allo stesso ridimensionamento. Il punto è che Alitalia, con questo piano, non andrà da nessuna parte senza un partner industriale vero. Io sono sempre stato convinto che Berlusconi aveva ragione, e che la cordata italiana c’era. Ma ora il presidente del Consiglio ha un altro compito: quello di verificare che il piano scritto sulla carta sia valido. Io non credo».

Oggi, però, Air France sta rientrando dalla finestra.
«Non è negativo. Ma prima o poi scalerà la Nuova Alitalia».

Si ritiene che l’integrazione con Air One non sarà indolore per i piloti.
«Dal nostro contratto non recederemo di un millimetro; è già del 30% sotto la media europea».

Dobbiamo aspettarci scioperi?
«Spero di no, ma la nostra base è esasperata da anni. Dipende dalla disponibilità del governo a rivedere lo schema del piano. Se si seguisse la linea diplomatica sperimentata da Gianni Letta nel 2005, questi rischi verrebbero attenuati».

Ma se un amico le chiedesse: devo andare a Londra il 15 ottobre,

mi consigli di prenotare con Alitalia o con un’altra compagnia, lei cosa gli risponderebbe?
«Con Alitalia, la miglior compagnia del mondo. Berlusconi sa che non può e non deve creare condizioni di conflitto».

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