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Pioggia di bravo per Prêtre e la Staaskapelle

Piera Anna Franini

da Milano

La Valse sfarfalla senza peso, aerea e delicatissima. È un continuo allargare e stringere il tempo, con la melodia che viene sospesa a mezz’aria e poi ripresa, spesso con ironia. È un delibare prezioso, tra fruscii di sete, mulinelli accennati quanto basta per creare effetti di vertigine. Un ballo da sogno.
È la Valse, secondo movimento della Symphonie fantastique di Hector Berlioz secondo la lettura di Georges Prêtre alla testa della Staatskapelle Dresden, lunedì al teatro alla Scala. Concerto a favore della Croce Rossa italiana e organizzato dalle volontarie della sezione femminile. Programma generoso, con Egmont Ouverture di Beethoven in apertura, Don Juan di Richard Strauss e Symphonie fantastique di Berlioz, più due fuori programma richiesti a gran voce. Applausi senza riserve, standing ovation, pioggia di bravo. E tanto affetto per Prêtre, decano della bacchetta, confidenza assoluta con un’orchestra che il direttore francese conosce da sempre e in particolare dal 2002, anno in cui il sodalizio s’è saldato ulteriormente.
Prêtre è un direttore dal gesto parco, concede solo qualche cenno che, in genere, invita a un fraseggio mobilissimo e a colori preziosi. È il viso, semmai, a parlare: un viso votato al sorriso, tipico di chi armonizza con il mondo e con sé, magari con l’aiuto dell’ironia (in agguato nelle letture di Prêtre).
Symphonie che non è solo lusso di suoni: il Songe d’une nuit du sabbat è una vera e propria folata di rabbia, terribile.
Don Giovanni apre con la gioia dello slancio, un’esultanza che subito si fa preziosa, come piace a Prêtre, e come l’orchestra di Strauss per eccellenza – appunto la Staatskapelle - sa rendere.

Don Giovanni che è in equilibrio perfetto tra sfarzo di tinte, golosità timbriche, stordimento e disperazione. Ha il colore dell’ambra la Danza ungherese di Brahms concessa come secondo bis, dopo un Offenbach (la celeberrima Barcarola) di struggente malinconia.

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